09.06.2013 Views

121228-sgorlon - Udine Cultura

121228-sgorlon - Udine Cultura

121228-sgorlon - Udine Cultura

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

82<br />

na, così come molte altre nel corso del romanzo: l’idea che non siamo soli, che c’è qualcosa che ci<br />

molesta. Spesso ci sono queste figure, appunto, anche nel racconto di Sgorlon, che improvvisamente<br />

provocano un’irruzione nel quotidiano di elementi grotteschi, di elementi quasi surreali. Questa è una<br />

tecnica usata costantemente da Sgorlon. Ma ancora di più si ritroveranno questi elementi nel secondo<br />

libro di Sgorlon, La notte del ragno mannaro, secondo libro ad essere riconosciuto da Sgorlon, perché<br />

il primo libro del ’58, Un’aurora per Penelope, in realtà Sgorlon lo disconosce, tanto che non ne parla<br />

nella sua Penna d’oro, non si troverà traccia di questo libro (non c’è nemmeno nella Biblioteca Joppi),<br />

ed è un libro che Sgorlon definisce un errore. Sarebbe interessante capire perché viene definito un errore:<br />

cosa c’è in questo libro? Ovviamente per quei curiosoni che sono gli studiosi di letteratura questa<br />

è materia abbastanza ghiotta. Ma nel secondo libro, dicevo, che viene riconosciuto da Sgorlon, La<br />

notte del ragno mannaro, questa situazione di un “eterocosmo”, cioè di un mondo che ha le sue leggi,<br />

che ha le sue regole, che è diverso da quello che è il nostro mondo reale, ma che in realtà coincide<br />

con il nostro mondo reale (e questa è una <strong>Udine</strong> misteriosa), si presenta palesemente. Quindi i primi<br />

due romanzi sono di matrice e di impianto abbondantemente kafkiano. Certo, non senza una qualche<br />

autoironia, non senza un certo giocare anche con le proprie conoscenze di letteratura tedesca: la pagina,<br />

diciamo, più comica da questo punto di vista ne La poltrona è quando il protagonista cerca un libro<br />

che non trova, che è finito chissà dove, e la cui lettura non va avanti, su cui si inceppa continuamente;<br />

e questo libro è L’uomo senza qualità di Musil, di cui si parla come di un libro dove appunto non si<br />

riesce ad andare avanti, un’esperienza che hanno fatto moltissime persone. E qui c’è una certa ironia<br />

nel descrivere la propria esperienza come germanista nella lettura di un libro così impegnativo come<br />

L’uomo senza qualità di Musil. Ma questo è un lato del suo ragionamento su Kafka. La cosa interessante,<br />

però, è che il confronto di Sgorlon con Kafka nasce come un confronto di uno scrittore verso un<br />

altro scrittore. C’è già il tentativo di un superamento delle posizioni di Kafka nel suo libro. E da questo<br />

punto di vista è interessante vedere che c’è una costante in Sgorlon, perché quando si occupa di<br />

altri autori, come abbiamo sentito anche nel caso di Pasolini (in realtà Borghello usava l’espressione<br />

di “corpo a corpo”), si tratta sempre di un confronto diretto in cui l’autore cerca di assimilare le posizioni<br />

dell’altro, ma anche di superarle, di andare avanti. E questo avviene anche nell’opera di Kafka.<br />

Qui non è più il critico che parla, ma alla fine di quest’opera parla lo scrittore, e ne parla nel modo in<br />

cui adesso sentiremo:<br />

Molti aspetti del pensare e vivere contemporaneo trovano nell’opera di Kafka una sintesi agghiacciante. Nonostante<br />

gli sforzi di alcune filosofie ottimistiche, fondate sull’uomo, il nostro mondo pare straziato da isterismi, angosce,<br />

ritorni di barbarie, terrori di distruzioni apocalittiche, senso di estrema precarietà dell’esistenza; è caratterizzato da<br />

strutture disumane, dalla sfiducia nella ragione, dall’insofferenza della norma, dalla mancanza di dialogo e di senso delle<br />

cose, dalla «disponibilità» non illuminata che può sfociare nel gesto gratuito, nella violenza e nella barbarie organizzata.<br />

Anche il motivo centrale dell’opera di Kafka, ossia l’impotenza della ragione e l’impossibilità di approdare a una soluzione<br />

qualsiasi e fermarsi in essa, è in fondo espressione indiretta ma potente del senso di precarietà spirituale del nostro<br />

tempo, dell’accavallarsi disordinato e a volte frenetico delle ipotesi e delle soluzioni, dal quale non può seguire che disagio<br />

spirituale irrimediabile.<br />

Tutti questi aspetti rendono l’opera di Kafka tragicamente attuale e inducono a considerare non del tutto paradossale<br />

l’opinione dello Anders, che Kafka sia uno dei pochi poeti veramente realisti del nostro tempo.<br />

Ma ad un esame più obbiettivo quest’opinione pare eccessiva e forse anche inattuale.<br />

Il nostro tempo, è vero appare tragico e dominato dall’irrazionalismo; ma in fondo ogni tempo è stato tragico, e<br />

può darsi che oggi la tragicità della «condizione umana» sia aumentata dalla maggiore consapevolezza che l’uomo ne ha.<br />

La tragedia del nostro tempo ci pare soprattutto di natura soggettiva, intellettuale e sentimentale. Non pochi indizi però<br />

rendono sperabile che l’umanità sappia ritrovare un nuovo equilibrio e una nuova serenità. Molti uomini di buona volontà<br />

lavorano per l’edificazione di un nuovo umanesimo, per un ritorno all’uomo reintegrato nella usa dignità, nella misura,

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!