You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
144<br />
Esse scendevano da lontananze misteriose. Anche se parevano venire dalle sue viscere, ammuffite<br />
da una lunga incubazione, e avevano il sapore scorticato e lacerato del parto, esse venivano in<br />
realtà da più lontano. Sentiva in loro l’asma roca e profonda di chi viene da chissà dove. Le vedeva circondate<br />
dal ronzio cosmico di ciò che ha attraversato spazi vertiginosi, e sembra provenire da Andromeda<br />
o da Aldebaran. Quando le scriveva o le sentiva recitare dagli attori, provava i brividi di chi viene<br />
sfiorato da ali di pipistrello o di vampiro. Sapeva che le aveva generate lui, che uscivano da lui, e nel<br />
contempo che venivano da molto più lontano. Era il segnale rivelativo di una forza misteriosa del reale,<br />
che lui aveva soltanto captato in un etere senza fine. La parola poetica era una delle manifestazioni<br />
oscure e inesplicabili della forza della vita, e lui rabbrividiva soltanto a pensarci.<br />
Ma essa nasceva veramente soltanto se si era a contatto immediato con il popolo. Altrimenti<br />
inaridiva, assumeva l’aspetto deformato delle scorie di fusione. Per ciò Oreste continuamente si tuffava<br />
in mezzo al popolo minuto, parlava e viveva con esso, ne avvertiva d’istinto la forza creativa e la fontana<br />
inesauribile del suo amore per la vita. Entrava nelle sue case aperte sul vicolo, sentiva gli odori di sudore<br />
e di cucina degli interni. Stava a parlare con lui, restando sulla strada oppure saliva sulle terrazze<br />
e terrazzini, e accettava bicchieroni d’acqua intorbidati da un dito d’orzata o di tamarindo.<br />
I vecchi erano quelli che avevano più tempo da dedicargli. Piantati a gambe larghe sulle sedie di<br />
paglia, snocciolavano i rosari rievocativi di infinite miserie e infinite fatiche. Oreste sentiva scricchiolare<br />
nei loro racconti gli stridori della pena quotidiana, l’affanno dell’eterno combattere, che attraversava<br />
tutta la collana dei loro anni tartassati e tribolati.<br />
Nel mazzo dei suoi amici v’erano vecchi pescatori di Fregene, di Ladispoli o di Terracina, che<br />
complicate risacche della vita avevano sospinto fino alle periferie della metropoli, e ve li avevano depositati<br />
come spezzoni di legno o di corda di antichi naufragi. Le mandibole scure della morte, che sempre<br />
li sovrastava, che li aveva inghiottiti e risputati cento volte, diventavano nelle loro parole masticate, intrise<br />
di tabacco, più quotidiane del fuoco che cuoceva il loro pesce sopra i fornelli. Pareva che la morte<br />
fosse una donna ammansata e canterina che li cullasse, nelle albe e nelle notti, li consolasse d’esser<br />
nati, e promettesse loro riposi più dolci di quelli già conosciuti nel ventre delle madri.<br />
Accendevano nella mente di Oreste visioni sconvolte di notti passate sul mare. Di onde che venivano<br />
avanti come muraglie d’acqua, che parevano doverli cancellare dalla faccia della terra. Di mari<br />
sconvolti da ringhiose baruffe di libeccio e di grecale. Di cieli fradici di pioggia che pesavano sulle barche,<br />
sul punto di abbattersi sopra di esse per l’eccesso di gravezza.<br />
A forza di provarci e riprovarci, la morte aveva davvero strappato loro un cognato o un fratello,<br />
in una notte di burrasca che non pareva più impestata delle altre. Di essi andavano cercando dopo anni<br />
la jella nascosta in strani segnali che si erano verificati la sera prima, sulla porta di casa o tra le mura<br />
del paese. Erano convinti che i grandi fatti della vita sempre si preannunziavano in qualche modo, con<br />
un tuono a cielo sereno, o con il nove di picche che cadeva loro di mano, durante una partita di ramino,<br />
o una invasione di scarafaggi sulle pietre umide della cucina. Ma parlavano di morti e di naufragi con<br />
quieta mansuetudine, in fondo, perché per loro erano anch’essi cose di tutta normalità.<br />
Uno di loro, un anziano di Ladispoli che si era spinto al largo con i suoi compagni, perché vicino<br />
alla costa pareva che il pesce fosse svanito, aveva visto spuntare e crescere nella notte le mille luci di<br />
un mostro nero che filava sul mare, silenzioso. Aveva un’andatura uniforme come quella di uno squalo.<br />
Era passato a poche centinaia di metri dal peschereccio, diritto per la sua rotta. Non s’era minimamente<br />
accorto di loro, che s’erano azzittiti ed erano rimasti fermi come statue, a guardare, finché era<br />
scomparso. Oreste si era entusiasmato del racconto, e infatti vedevano il transatlantico anche i pescatori<br />
dell’unico dramma di mare che avesse scritto. Poi, tornati a casa, lo raccontavano nella piazza del<br />
mercato, con una filastrocca cantante, alla gente intorno, ai venditori e alle lavandaie. Si sbracciavano,