SCRITTI - Franco Battiato Archive
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assicura quella unità su cui operano ulteriormente<br />
gli imperativi come vere e proprie categorie. Infatti<br />
gli imperativi sarebbero vuoti senza l’intuizione<br />
avvicinante dello spazio. Ma questa visione<br />
non coglie l’elemento determinante dello spazio.<br />
Lo spazio, cioè, come allontanamento, dispersione,<br />
distanza, su cui insiste l’autore di questo libro intelligente.<br />
Una certa devozione allo spazio ci induce<br />
però a resistere alla tentazione di aderire alla<br />
tesi che lo spazio è, esso medesimo, il dominio della<br />
volontà. Abbiamo immaginato questa analisi.<br />
Un quadro occupa uno spazio la cui intelligibilità<br />
ne resta lesa. Ne deturpa la purezza. Ma l’atto di<br />
occupare è l’atto stesso di esistenza. Senza quest’atto<br />
il quadro non esiste. È solamente là. Lo spazio<br />
dunque respinge il quadro. Se ne avverte la<br />
resistenza allorquando gli occhi che tentano di<br />
posarsi su di esso sono invece sospinti a forza sul<br />
suo rapporto con lo spazio. Ecco che allora tutto si<br />
sovverte. Non è il quadro to timiòtaton, ma lo spazio<br />
che lo invade e lo soverchia da tutti i lati. Il<br />
quadro allora diventa l’occasione perché lo spazio<br />
si mostri. Si rovesciano le parti. Il quadro esordisce<br />
da protagonista riducendo lo spazio a un mezzo.<br />
Ma di colpo lo spazio si scrolla d’addosso il<br />
quadro che inizia la sua misera esistenza. In effetti<br />
chi non ‘vede’ lo spazio non vede nemmeno il quadro.<br />
Lo sguardo che vede lo spazio è legato al suo<br />
vuoto. Esso non vorrebbe che fosse mai occupato.<br />
Il vuoto dello spazio è il richiamo che esso esercita<br />
sull’individuo.