39EX.3LAIVENA 3DÏÎMORTE

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parmîata la tfîiâ del nobile , e del 1* uomo coftituifo
în dignirà per 1o flefïb delirto, pel quale fi toglie al
fèrvo , ed al plebejo : ma intorno a ciô i coflumi
di quafi mtra l'Europa fi fbno allontanati dalle Leggi
Romane , coficchè l'unico riguardo, che in quefto
cafb oggt fi ha al nobile, confifte nel condannarlo
a un génère particolarc di morrc • Ora ficcome
rutrc, e due quelle iftituzioni hanno i iuoi fautorî,
è bene , che fi efàminino.
Quelli 1 i quali ibno pel nofiro fiflcma crimïnalc
l dicono , che la lever ità de Fie leggî fi deve eier»
ckare non folo verfb i piccioli, e i poverî, ma
eziandio ver/b i ricchi, ed i grandi, elTendo inJ
gitiflô 5 che il credito , la nabi 1 ta , e la ricchezza
autorizzino a concédera la libère à d'infultare impunemente
quelli , i quali fbno defliruiti di quefli van*
t&ggî*sCtyti$ più felice > eflî profeguono, e più onoraro,
dee fperar di più » ma non réméré meno de*
gli altri di violare que* patti, coi quali c fbpra gli
al tri innalzato » Ora io rifpondo , che quelle ragioni
fbno giufle, ma che non impugnano punto le Leggi
Romane, giacchè quelle non laiciano impunito un
nobile , o un uomo coflituito in dignità per un de-
V ltt S> 1 pe! quale condannano a morte un plebejo'^ ed
uno fchiavo. Eileno non fan no, che trafmutare
rapporto ai prinû la Pena di Morte in alrrc pêne ,
perché hanno crëduto, che quelle pêne debbano fare
îbpra il loro animo la flelTa impreiîlone » che la
morte fu quello del. plebejo . Bifogna adunque vedere
fe tali pêne hanno realmente quefta forza * poichè
iè l'aveilero, è chiaro , che le Leggi Romane in.
quefla parte-.non avrebbero niente di contrario aHa
giuflizia, ellendo chiaro, corne più voire abbiarno