Atti 15° Congresso Nazionale - Anpi
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SEDUTA DI<br />
APERTURA<br />
SECONDA<br />
SEDUTA<br />
TERZA<br />
SEDUTA<br />
QUARTA<br />
SEDUTA<br />
QUINTA<br />
SEDUTA<br />
SESTA<br />
SEDUTA<br />
richiamarlo – come si suol dire quando parlano i nonni – per il suo<br />
bene, che è meglio si trattenga, stia molto attento a quello che dice. Ha<br />
la responsabilità di non stabilire nella prassi, oltre che nel rigoroso<br />
rispetto formale delle sue prerogative, delle consuetudini che poi è<br />
impossibile sradicare perché sono più forti addirittura delle formalità.<br />
Ho ascoltato con grande interesse e attenzione Zagrebelsky, che è<br />
stato molto citato da altri perciò vuol dire che ha dato un importante<br />
contributo di teoria politica di cui avevamo sicuramente bisogno.<br />
Come, in questo momento, abbiamo tutti e tutte straordinario bisogno<br />
di ricostruire una teoria politica andata in pezzi. Tutta quella che avevamo<br />
accumulato. E non si vede all’orizzonte che abbia la dignità di<br />
essere chiamata una seppur vaga teoria politica.<br />
Cosa mi è interessato particolarmente del discorso di Zagrebelsky?<br />
Il fatto che ha distinto una società per “caste” da una società per “giri”.<br />
Le caste, infatti, appartengono a una forma storica superata chiamata<br />
feudalesimo. Quando Sergio Marchionne pensa che il conflitto sindacale<br />
possa essere organizzato come un arbitrato obbligatorio, fa un<br />
esempio assolutamente feudale. La società feudale è immobile, chi<br />
nasce servo della gleba muore tale. Eventualmente può chiamarsi lanzichenecco,<br />
perché lanzichenecco (“Landsknecht”) è esattamente<br />
“servo della gleba”, ricalcato dal tedesco all’italiano. Un concetto feudale<br />
è all’opera anche quando, per una ragazza, si parla di “jus primae<br />
noctis”. Magari mitico, o inventato, ma che sta a rappresentare l’obbligatoria<br />
subordinazione del corpo femminile alla volontà del padrone.<br />
Come vedete un bel po’ di feudalesimo ce l’abbiamo ancora in questo<br />
momento.<br />
Quando Zagrebelsky introduce la teoria del “giro” mostra che le<br />
ingiustizie possono continuare anche all’interno di un sistema democratico<br />
formalmente compiuto, persino raffinato, sottile, pieno di<br />
garanzie e contrappesi come quello italiano. Il concetto dà l’impressione<br />
di una specie di mobilità, che però è un “giro”, un eterno ritorno.<br />
Quindi è ancora una forma di immobilità, con una superficie vagamente<br />
movimentata, appena appena scalfita da qualche onda che poi torna<br />
presto indietro.<br />
Intendo, a questo punto, presentare solo una proposta. Secondo me,<br />
noi dobbiamo sempre ricordare l’Art. 11 della Costituzione. “L’Italia<br />
ripudia la guerra”, ripudiare è un verbo fortissimo. Lo sappiamo bene<br />
noi donne che siamo state ripudiate molte volte e per molto tempo. Vuol<br />
dire, proprio, “ti caccio via da me, non ne voglio più sapere”. Questa<br />
parte dell’articolo, come sapete, è stata imposta dai vincitori. C’è anche<br />
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