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Rapporto sulle biotecnologie in Italia 2010 - Farmindustria

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White e green biotech<br />

Le <strong>biotecnologie</strong> vegetali <strong>in</strong> <strong>Italia</strong><br />

L’<strong>Italia</strong> è stata sul f<strong>in</strong>ire degli anni ’90 il primo paese<br />

europeo ad <strong>in</strong>iziare la sperimentazione <strong>in</strong> campo di piante<br />

e/o organismi geneticamente modificati (OGM).<br />

L’apertura alla conoscenza delle moderne tecnologie<br />

biologiche <strong>in</strong> campo agricolo fu accompagnata da<br />

un fiorire di progetti di ricerca pubblici e privati che<br />

<strong>in</strong>teressavano molte delle colture agrarie di <strong>in</strong>teresse<br />

nazionale, spaziando dall’olivo alla vite, dalla ciliegia<br />

alla fragola, per un totale di 250 progetti di<br />

sperimentazione a livello nazionale.<br />

L’<strong>Italia</strong> vanta un numero di specie coltivate (sia <strong>in</strong>dustriali,<br />

che orticole e arboree) molto elevato e variegato, reso<br />

possibile da condizioni agronomiche e climatiche molto<br />

varie lungo la penisola. Al tempo stesso sono presenti<br />

alcune criticità dovute all’esigenza di trovare modalità di<br />

controllo di molti patogeni che provocano pesanti perdite<br />

qualitative e quantitative dei raccolti. A ciò si affianca<br />

l’esigenza di m<strong>in</strong>imizzare l’impatto ambientale delle<br />

pratiche agricole, a salvaguardia dell’ecosistema.<br />

Nel contesto italiano le <strong>biotecnologie</strong> possono<br />

rappresentare un valido strumento <strong>in</strong> grado di fornire<br />

risposte promettenti alle esigenze sopra illustrate: di<br />

questo la ricerca pubblica e privata si è fatta carico per<br />

lungo tempo. In seguito, il deterioramento del dibattito<br />

politico nazionale sulla stessa possibilità di un impegno<br />

del paese nelle applicazioni delle agro<strong>biotecnologie</strong> portò,<br />

tra la f<strong>in</strong>e degli anni ’90 e il 2000, al divieto non solo di<br />

utilizzare le colture geneticamente modificate a scopi<br />

produttivi, ma anche solo di fare sperimentazione e ricerca<br />

<strong>in</strong> campo su tali piante.<br />

Tutto ciò è avvenuto anche nella mancata applicazione,<br />

se non negazione, della normativa comunitaria <strong>in</strong> materia<br />

di colture geneticamente modificate, costruita per fornire<br />

gli <strong>in</strong>dispensabili elementi di garanzia per poter effettuare<br />

32 <strong>Rapporto</strong> <strong>sulle</strong> <strong>biotecnologie</strong> <strong>in</strong> <strong>Italia</strong><br />

sperimentazione, coltivazione ed utilizzo di piante OGM.<br />

Questo scenario ha generato il progressivo regredire delle<br />

competenze maturate <strong>in</strong> ambito agrobiotech, a fronte<br />

<strong>in</strong>vece della crescita delle coltivazioni geneticamente<br />

modificate nel mondo.<br />

Da oltre un lustro il trend delle rese produttive <strong>in</strong> <strong>Italia</strong><br />

dei cereali e delle colture proteiche – alla base delle filiere<br />

della maggioranza dei prodotti tipici del Made <strong>in</strong> Italy<br />

agroalimentare italiano – risulta <strong>in</strong> calo. Questo trend<br />

negativo rappresenta un caso isolato a livello mondiale,<br />

diretta conseguenza della mancanza di <strong>in</strong>novazione nelle<br />

varietà agrarie <strong>in</strong> commercio. Gli effetti impattano sulla<br />

redditività degli agricoltori e sull’aumento del deficit della<br />

bilancia commerciale italiana che registra la dipendenza<br />

dall’estero per oltre il 25% del fabbisogno di mais e per<br />

l’80% di soia, entrambi importati da paesi ove gli OGM sono<br />

estesamente coltivati (Sud America <strong>in</strong> primis).<br />

È evidente che si tratta di una situazione paradossale, nella<br />

quale da un lato gli OGM vengono impiegati nelle filiere<br />

di produzione dei prodotti tipici italiani, mentre dall’altro<br />

i vegetali frutto delle <strong>biotecnologie</strong> non possono essere<br />

sperimentati, e qu<strong>in</strong>di messi <strong>in</strong> coltivazione.<br />

L’<strong>in</strong>sostenibilità di tale situazione e la sua <strong>in</strong>congruenza con<br />

il quadro normativo comunitario è emersa anche <strong>in</strong> sede<br />

giudiziaria, oltre che nel sempre maggiore consenso che<br />

l’esigenza di avere accesso a questa tecnologia <strong>in</strong>novativa<br />

sta riscuotendo anche <strong>in</strong> <strong>Italia</strong>.<br />

L’apertura a sperimentazione e coltivazione di colture<br />

geneticamente modificate appare qu<strong>in</strong>di un passaggio<br />

obbligatorio per difendere la redditività degli agricoltori<br />

italiani e l’identità delle filiere produttive agroalimentari<br />

nazionali, nonché per garantire un futuro alla ricerca<br />

agraria pubblica e privata.

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