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Rapporto sulle biotecnologie in Italia 2010 - Farmindustria

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Il f<strong>in</strong>anziamento della ricerca pubblica e<br />

privata è poco efficiente sia dal punto di vista<br />

quantitativo che da quello qualitativo. I pochi<br />

fondi vengono allocati secondo procedure<br />

estremamente complesse, lentissime,<br />

<strong>in</strong> larga parte non correlate al contenuto<br />

scientifico dei progetti, <strong>in</strong>adeguate al<br />

raggiungimento degli obiettivi, e soprattutto<br />

mancanti di criteri di valutazione attendibili.<br />

Giuseppe Mart<strong>in</strong>i<br />

Assisteremo nei prossimi anni al completo<br />

affermarsi di una nuova biologia basata<br />

su approcci fortemente <strong>in</strong>terdiscipl<strong>in</strong>ari,<br />

orientata su grandi progetti e capace di<br />

produrre significative ricadute su un <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito<br />

numero di settori. In <strong>Italia</strong> abbiamo notevoli<br />

punte di eccellenza presenti sull’<strong>in</strong>tero<br />

territorio nazionale che <strong>in</strong> alcuni casi –<br />

come nel caso della vacc<strong>in</strong>ologia – sono<br />

state all’avanguardia nell’affermare la<br />

validità del nuovo approccio. Per andare<br />

avanti <strong>in</strong> questa direzione è necessario<br />

tener conto dei nostri pr<strong>in</strong>cipali punti di<br />

debolezza e qu<strong>in</strong>di superare particolarismi,<br />

rendere più efficienti i processi decisionali<br />

nel settore pubblico, migliorare la nostra<br />

partecipazione ai programmi <strong>in</strong>ternazionali.<br />

Il Piano Nazionale della Ricerca recentemente<br />

varato dal MIUR richiama concetti tipici della<br />

new biology e pertanto offre spunti positivi<br />

per un più forte posizionamento dell’<strong>Italia</strong> <strong>in</strong><br />

quella che molte fonti autorevoli considerano<br />

la pr<strong>in</strong>cipale l<strong>in</strong>ea direttrice di sviluppo<br />

tecnico-scientifico del nostro secolo.<br />

R<strong>in</strong>o Rappuoli<br />

Da scienziato che durante gli ultimi<br />

venti anni ha avuto la fortuna di gestire<br />

contemporaneamente laboratori sia <strong>in</strong> <strong>Italia</strong><br />

che negli Stati Uniti, sono sempre stato<br />

sorpreso dalla qualità e dalla voglia di fare<br />

dei giovani italiani, che ho sempre trovato<br />

tra i migliori al mondo. Nonostante questo<br />

il settore biotech <strong>in</strong> <strong>Italia</strong> è nato tardi e ha<br />

stentato a decollare.<br />

Le ragioni sono multiple e hanno a che fare<br />

soprattutto con la struttura e la cultura<br />

La ricerca biotecnologica<br />

del nostro paese. Una ragione importante<br />

è che <strong>in</strong> <strong>Italia</strong> non mancano gli scienziati<br />

biotecnologici, ma mancano i manager<br />

della scienza, le persone che siano capaci<br />

di trasformare un’idea <strong>in</strong> un prodotto,<br />

che siano capaci di conv<strong>in</strong>cere <strong>in</strong>vestitori<br />

privati e pubblici che vale la pena <strong>in</strong>vestire<br />

nelle loro idee.<br />

La seconda ragione è che mancano<br />

<strong>in</strong>vestitori privati e pubblici che capiscano che<br />

l’<strong>in</strong>vestimento <strong>in</strong> scienza e <strong>in</strong>novazione è il<br />

più grande <strong>in</strong>vestimento che un paese possa<br />

fare per assicurarsi una economia fiorente<br />

nel mondo globale. Inf<strong>in</strong>e <strong>in</strong> <strong>Italia</strong> manca una<br />

università che sappia sostenere l’<strong>in</strong>novazione.<br />

Purtroppo l’università italiana ha una struttura<br />

chiusa che rende la vita difficile ai più bravi e<br />

non ha la flessibilità di attrarre i migliori.<br />

Maria Grazia Roncarolo<br />

Durante la mia carriera di medico ricercatore,<br />

ho avuto la straord<strong>in</strong>aria opportunità di<br />

lavorare sia <strong>in</strong> istituzioni accademiche, sia<br />

nell’ambito biotecnologico. Negli Stati Uniti,<br />

ed <strong>in</strong> particolare nella Silicon Valley, dove<br />

ho svolto la mia attività per molti anni, i<br />

“due mondi” sono strettamente connessi ed<br />

<strong>in</strong>tegrati con cont<strong>in</strong>uo <strong>in</strong>terscambio culturale<br />

e di risorse umane tra le grandi istituzioni<br />

accademiche e il settore biotech.<br />

In <strong>Italia</strong> questa s<strong>in</strong>ergia fatica a realizzarsi.<br />

La ricerca accademica italiana, pur essendo<br />

di altissimo profilo, soffre di scarsa flessibilità<br />

e mobilità delle risorse umane, causate anche<br />

da un sistema di f<strong>in</strong>anziamenti a pioggia che<br />

non sempre si ispira a criteri di meritocrazia<br />

e trasparenza, e a valutazioni “accreditate”<br />

secondo standard <strong>in</strong>ternazionali.<br />

In particolare, nel settore biotech italiano,<br />

all’alta produttività scientifica non sempre<br />

si accompagna un’adeguata protezione<br />

brevettuale, importante catalizzatore<br />

per la ricerca traslazionale e l’<strong>in</strong>terazione<br />

con il mercato. Inoltre le aziende italiane,<br />

storicamente “risk adverse”, tendono ad<br />

<strong>in</strong>vestire soprattutto su prodotti <strong>in</strong> fase di<br />

sviluppo avanzato (fase cl<strong>in</strong>ica 2-3) a discapito<br />

dei prodotti brevettati “early stage”.<br />

44 <strong>Rapporto</strong> <strong>sulle</strong> <strong>biotecnologie</strong> <strong>in</strong> <strong>Italia</strong><br />

Cosa fare per accrescere e<br />

consolidare la R&S accademica ed<br />

<strong>in</strong>dustriale <strong>in</strong> <strong>Italia</strong>?<br />

R<strong>in</strong>o Rappuoli<br />

Lo sviluppo dell’<strong>in</strong>dustria biotecnologica<br />

richiede lo sforzo di creare distretti o<br />

regioni che sappiano compensare a queste<br />

deficienze e siano capaci di scommettere<br />

che la ricerca sia l’<strong>in</strong>vestimento migliore<br />

per avere una economia competitiva <strong>in</strong><br />

futuro. Alcune regioni italiane hanno fatto<br />

questa scelta. L’esempio che conosco<br />

meglio è quello della Toscana, dove la<br />

cultura di trasformare la ricerca <strong>in</strong> prodotti<br />

utili per la salute dell’uomo era presente<br />

da un secolo nell’Istituto Sclavo di Siena<br />

che aveva sviluppato e prodotto vacc<strong>in</strong>i<br />

dal 1904. La presenza di un gruppo di<br />

ricerca all’avanguardia nel mondo <strong>in</strong> questo<br />

istituto rese l’Istituto Sclavo attraente agli<br />

<strong>in</strong>vestitori <strong>in</strong>ternazionali e nel 1992 la<br />

ditta di <strong>biotecnologie</strong> californiana Chiron<br />

decise di <strong>in</strong>vestire <strong>in</strong> <strong>Italia</strong> e acquistare il<br />

bus<strong>in</strong>ess vacc<strong>in</strong>i e la ricerca dell’Istituto<br />

Sclavo. Nel periodo 1992-2006 i dipendenti<br />

aumentarono da 230 a più di 1000,<br />

f<strong>in</strong>ché la Chiron divenne attraente per la<br />

ditta farmaceutica Novartis che nel 2006<br />

acquistò la Chiron cont<strong>in</strong>uando a <strong>in</strong>vestire<br />

nel sito italiano. Oggi i dipendenti sono<br />

circa 1500 e sono forse il miglior esempio<br />

<strong>in</strong> <strong>Italia</strong> dove l’<strong>in</strong>vestimento <strong>in</strong> scienza si<br />

traduce direttamente <strong>in</strong> posti di lavoro<br />

di alta qualità.<br />

Riccardo Cortese<br />

A fronte del successo di un notevole<br />

numero di imprese biotech nate da sp<strong>in</strong>off<br />

<strong>in</strong>dustriali, sono molto meno numerosi<br />

i casi di biotech nate da organizzazioni<br />

accademiche. Questo stato di cose è <strong>in</strong><br />

contraddizione con quanto avviene negli<br />

altri paesi <strong>in</strong>dustrializzati e rivela la vera<br />

grande debolezza della ricerca italiana.<br />

A parte ritardi culturali, centralizzazione<br />

burocratica etc., la pr<strong>in</strong>cipale causa<br />

responsabile di questo stato di cose è la

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