Sara Pagliano ALIA VERITATIS NORMA - Lettere e Filosofia ...
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CAPITOLO I<br />
RIFLESSIONI PRELIMINARI SUL CONCETTO DI METODO NEL TRACTATUS DE<br />
INTELLECTUS EMENDATIONE E NELLA KORTE VERHANDELING<br />
1.1 Gioco di fanciulli<br />
Parrebbe dunque che il metodo dimostrativo matematico di Spinoza sia unicamente un<br />
difetto della forma esteriore: invece è l’errore fondamentale di tutta la sua concezione.<br />
Questo metodo misconosce affatto la natura del sapere filosofico e l’oggetto di esso; infatti<br />
la conoscenza e il metodo della matematica sono meramente formali, quindi affatto<br />
disadatti alla filosofia. La conoscenza matematica applica la dimostrazione all’oggetto<br />
esistente in quanto tale, non in quanto concepito; le manca affatto il concetto mentre il<br />
contenuto della filosofia è il concetto e il concepito. Questo concetto, in quanto conoscenza<br />
dell’essenza, è quindi semplicemente trovato e cade nel soggetto filosofico: e questo si<br />
mostra appunto nel metodo specifico della filosofia spinoziana 46 .<br />
Così Hegel liquida Spinoza e ogni tentativo more geometrico: altro che alia veritatis<br />
norma.<br />
Iniziare la nostra analisi da una tale critica può aiutare non solo a dipanare la matassa che<br />
avvolge confusamente la nozione di mos geometricus, ma più precisamente ad assumere in<br />
negativo il nostro punto di vista perché, se quello toccato in sorte a Spinoza fu uno «strano<br />
destino tale per cui si accettò o la sua forma o il suo contenuto, mai assieme» 47 , nelle precedenti<br />
considerazioni il metodo non viene considerato semplice ornamento esterno ma strettamente<br />
legato al suo contenuto, ovvero l’errore primo dello spinozismo non sarebbe «unicamente un<br />
difetto della forma esteriore». Adottando il metodo della geometria - definito da Hegel come<br />
«quello di Euclide, in cui appaiono definizioni, spiegazioni, assiomi e teoremi» 48 , inadeguato ad<br />
esprimere un contenuto speculativo e «soltanto consentaneo alle scienze finite dell’intelletto» 49 -<br />
, Spinoza si colloca al seguito di Descartes, perché subordina la verità filosofica ad una garanzia<br />
d’evidenza formale, ad una costrizione esterna e astratta, e così facendo misconosce ciò che è<br />
proprio del sapere filosofico, l’identità di essere e conoscere che si realizza nel Concetto, e<br />
infine restaura al di là dell’unità della sostanza una nuova sorta di dualismo, vale a dire la<br />
scissione nel sapere tra forma e contenuto.<br />
«Perciò le cose stanno come nella matematica: la dimostrazione è bensì fatta e si deve restarne<br />
convinti, ma la cosa non è affatto afferrata col concetto» 50 . Perché è proprio a causa di questa<br />
«rigida necessità della dimostrazione» 51 che viene meno il momento dell’autocoscienza, «l’io<br />
scompare, vi si dilegua affatto, non fa che consumarsi» 52 , e la negazione «intesa solo in modo<br />
unilaterale» 53 è il suo disperdersi e non il suo movimento. Per questo, a quanto dice Hegel la<br />
forma infinita, la spiritualità, la libertà, Spinoza «non l’ha mai conosciuta» 54 .<br />
Dunque non è possibile scindere contenuto e forma perché «facendo dell’andamento<br />
estrinseco, proprio della inconcettuale quantità, l’andamento del concetto» 55 s’intacca il<br />
contenuto stesso snaturandolo in ciò che ha di proprio.<br />
46 G.W.F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, cit., p. 137.<br />
47 P. Basso, Il secolo geometrico, cit., p. 182.<br />
48 G.W.F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, cit., p. 136.<br />
49 Ibid.<br />
50 Ivi, p. 140.<br />
51 Ibid.<br />
52 Ivi, pp. 140-41.<br />
53 Ivi, p. 141.<br />
54 Ivi, p. 113.<br />
55 G.W.F. Hegel, Scienza della logica, vol. 1, a cura di A. Moni, Laterza, Roma-Bari, 2004, p. 35.<br />
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