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Sara Pagliano ALIA VERITATIS NORMA - Lettere e Filosofia ...

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Ma poiché tutto ciò che noi possediamo della cosa è sempre e solo il suo concetto, ossia la<br />

rappresentazione che ce ne formiamo, inevitabilmente manca il primo termine dell’adaequatio<br />

rei et intellectus. Come può dunque darsi una conformità?<br />

Dunque non è la verità ad esser funzione della conformità della cosa alla nostra<br />

rappresentazione, ma è la conformità ad esser funzione della rappresentazione posta come vera.<br />

Comment la vérité de cette représentation pourrait-elle se prouver par sa conformité avec la<br />

chose, puisqu’il faudrait comparer celle-ci avec celle-là, ce qui est impossibile, puisque par<br />

hypothèse la chose est hors de la représentation, et par conséquent irreprésentable 481 ?<br />

Per eliminare il problema di questo paragone impossibile, la rappresentazione vera<br />

dovrà allora, per Descartes, possedere essa stessa un segno che garantisca a priori la sua<br />

conformità, in modo tale che il giudizio di verità risulti dalla verità della<br />

rappresentazione stessa, e non sia più dunque denominazione estrinseca. Ma qual è la<br />

natura di questo segno? È sufficiente apporre alle nostre idee il sigillo dell’evidenza, per<br />

ritrovarle eo ipso garantite nella loro conformità e dunque verità? Se l’evidenza non si<br />

specifica ulteriormente finisce per restare essa stessa una denominazione estrinseca. Ma<br />

nemmeno sarà sufficiente esplicarla nella chiarezza e distinzione, poiché la stessa idea<br />

chiara e distinta rimane incapace di rendere conto autonomamente del giudizio di verità<br />

che implica, non contenendo in sé la ragione di tale giudizio, e avvicinandosi così a un<br />

decreto puramente arbitrario. Perché le idee chiare e distinte sono affermate come vere?<br />

La questione potrà infine esser risolta solo esternamente, ricevendo le idee la validità, che non<br />

possono darsi da sole, da Dio. Ma Dio stesso, pur non essendo ingannatore, nella sua inaudita<br />

onnipotenza manterrà tutto ciò che designiamo come vero in uno stato di labilità e irrazionalità.<br />

Per ottenere uno stabile fondamento nel vero, ed uscire da questo circolo dove tutto resta<br />

imposto ed intaccato da una precarietà sostanziale, si può solo invertire il senso, procedere verso<br />

un’«alia veritatis norma». Non dirigerci spasmodicamente all’esterno, per ottenere una garanzia<br />

mai definitiva, ma rivolgerci internamente verso la ricchezza del contenuto delle nostre idee,<br />

ovvero la quantità di realtà oggettiva. È così che si procede all’interiorizzazione della verità,<br />

fondandola non su una denominazione estrinseca ma sulla sua quantità di realtà oggettiva: «la<br />

verité est conçue comme fonction d’un certain remplissage de l’idée» 482 .<br />

Quanta più realtà oggettiva possiederà un’idea, tanto più necessariamente s’imporrà in virtù di<br />

se stessa come vera, fino al punto di compiersi nella sua natura di verità assoluta e inconfutabile<br />

imponendosi come infinitamente vera, essendo il suo contenuto infinito. Solo un’idea che<br />

possegga tale pienezza di contenuto, l’infinito, per l’intuizione immediata di se stessa come<br />

verità totale può costituire immediatamente nel vero ogni contenuto singolo.<br />

Perché se la ricchezza interna dell’idea è la strada verso la verità, solo l’infinito ne è il<br />

compimento, e il fondamento di ciascuna idea singola e finita, qualsiasi quantità di realtà<br />

oggettiva possegga: ciascuna idea, negli «occhi» dell’infinito, diviene assolutamente vera. E<br />

dunque solo l’idea di un essere infinito, l’idea di Dio, in quanto assoluta pienezza, fonda la<br />

verità.<br />

Non resta, dunque, che la sola idea di Dio nella quale bisogna considerare se vi sia qualche<br />

cosa che non sia potuta venire da me stesso. Con il nome di Dio intendo una sostanza<br />

infinita. […] Ora queste prerogative sono così grandi e così eminenti che più attentamente<br />

le considero, e meno mi persuado che l’idea che ne ho possa trarre la sua origine da me<br />

solo. E per conseguenza, bisogna necessariamente concludere, […] che Dio esiste, poiché,<br />

sebbene l’idea della sostanza sia in me per il fatto stesso che sono una sostanza, non avrei<br />

tuttavia l’idea di una sostanza infinita, io che sono un essere finito, se non fosse stata messa<br />

in me da qualche sostanza veramente infinita. […] Né si può dire che, forse, quest’idea di<br />

Dio è materialmente falsa […]: perché al contrario, essendo quest’idea assai chiara e<br />

distinta, e contenendo in sé più realtà oggettiva di ogni altra, non c’è nessuna che di per sé<br />

481 M. Gueroult Études sur Descartes, Spinoza, Malebranche et Leibniz, Georg Olms Verlag, Hildesheim-<br />

New York, 1970, p. 57.<br />

482 M. Gueroult Études sur Descartes, Spinoza, Malebranche et Leibniz, cit., p. 59.<br />

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