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Sara Pagliano ALIA VERITATIS NORMA - Lettere e Filosofia ...

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matematiche. Siamo ben al di là di una considerazione del valore della matematica di tipo<br />

scolastico, che ne faceva un semplice aiuto esterno. Qui si sta parlando di identità di leggi 279 .<br />

Quindi, se nella tradizione aristotelica l’uso del metodo matematico viene sic et simpliciter<br />

bandito, Descartes, spezzando tale divieto, dimostra meccanicamente quasi tutto lo scibile<br />

(matematica, meccanica, astronomia, biologia) 280 , rivendicando antiaristotelicamente l’adozione<br />

del metodo matematico analitico in filosofia, e limitandosi a diffidare di quello sintetico. Tra le<br />

cause vi sono quei famosi «pregiudizi» che rendono oscuro per noi ciò che per natura è «il più<br />

chiaro», e ripetendo così un noto motivo scolastico ma in un quadro totalmente differente.<br />

Tuttavia, se il mos geometricus «non conviene» alla metafisica, questo non significa ancora la<br />

condanna eo ipso della sintesi come procedimento espositivo: esso può benissimo essere usato e<br />

scelto come un strumento didattico, l’importante è non interpretarlo come methodus inveniendi,<br />

avendo ben chiaro che si può exponere la scienza per via sintetica, ma non è certo questa la via<br />

per la quale essa viene costruita.<br />

È l’inventio ad avere tale privilegio: se pur gli antichi geometri erano soliti servirsi della<br />

sintesi nei loro scritti non era certo perché ignorassero l’analisi ma perché «ne facevano sì gran<br />

conto da riservarla per sé soli, come un segreto importante» 281 .<br />

Allora per Descartes non comporterà alcuna contraddizione, e soprattutto nessuna concessione<br />

rispetto alla sua posizione metodologica, il gentile gesto di accondiscendere alla richiesta dei<br />

filosofi e teologi di riformulare sinteticamente le sue Meditazioni. Tanto per chiarire meglio che<br />

si tratta semplicemente di una concessione e che il mos geometricus resta assolutamente ciò che<br />

è - una mera forma espositiva opzionale e tutt’altro che consigliata -, così come il methodus<br />

mathematicus resta «l’analisi degli antichi e l’algebra dei moderni», Descartes concentra ancora<br />

maggiormente la sua fermezza nella scelta di un termine, che si trova nel titolo preposto alla sua<br />

esposizione geometrica: dispositae. «Rationes dei existentiam et animae a corpore distinctionem<br />

probantes. More geometrico dispositae». More geometrico dispositae, e non demonstratae.<br />

Sottile, Descartes. Come a dire: ordo, et connexio probationum non est idem ac ordo, et<br />

connexio expositionum. Se proprio si vuole, si può ben disponere sinteticamente le Meditazioni,<br />

ma demonstrare lo riserviamo all’analisi, perché è solo attraverso questa che le rationes sono<br />

probantes. Una cosa è l’ordo cognoscendi, altro l’ordo essendi, e l’expositio è preferibile<br />

secondo l’ordo cognoscendi, ovvero secondo l’ordine delle meditazioni dove «le cose che sono<br />

proposte per prime, debbono essere conosciute senza l’aiuto delle seguenti, e […] le seguenti<br />

debbono esser disposte in modo tale, che siano dimostrate dalle sole cose che le precedono» 282 .<br />

L’esposizione filosofica, quando vuole esser vera e utile a coloro che ricerchino la verità, dovrà<br />

muoversi nella stessa direzione secondo la quale la verità è stata trovata: per questo Descartes<br />

ha usato solamente la via analitica nelle sue meditazioni, «perché essa […] sembra la più vera e<br />

la più acconcia per insegnare». La riformulazione sintetica del percorso seguito non comporta<br />

alcuna concessione agli obiettori. Le ragioni restano geometricamente dispositae, non<br />

demonstratae: demonstratae sono le Meditazioni che procedono analiticamente, dall’effetto alla<br />

causa, ordo cognoscendi.<br />

Ma, tuttavia, per testimoniare quanta deferenza porti al vostro consiglio, cercherò qui<br />

d’imitare la sintesi dei geometri, e vi farò un riassunto delle principali argomentazioni, di<br />

279 Cosi spiega E. De Angelis: «La fiducia nel metodo geometrico trae origine, in Cartesio e nei suoi<br />

seguaci, dall’accoglimento della fisica matematizzata, di cui si ricerca la fondazione in una metafisica ad<br />

essa omogenea e che pertanto condanni o lasci fuori quegli elementi che ridurrebbero l’uso della<br />

matematica in fisica ad un uso puramente episodico ed accessorio, non essenziale ad una considerazione<br />

qualitativa della natura. Ciò spiega le molte e drastiche semplificazioni operate su quegli elementi della<br />

filosofia aristotelica, che vengono tuttora accolti, ma per altri fini. L’idea dell’unità delle scienze, che alla<br />

sua origine è bensì antiaristotelica, ma non ha niente di “matematico”, viene ripresa ora nel nuovo<br />

contesto culturale, ed aiuta ad estendere il metodo geometrico a tutti i rami dell’albero del sapere. Il<br />

meccanicismo si allea con un umanesimo da esso stesso trasfigurato, per sconfiggere l’aristotelismo». Il<br />

metodo geometrico nella filosofia del Seicento, cit., p. 166.<br />

280 Ivi, pp. 22-23.<br />

281 R. Descartes, Meditazioni Metafisiche. Risposte alle seconde obbiezioni, cit., p. 145.<br />

282 Ivi, p. 144.<br />

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