Sara Pagliano ALIA VERITATIS NORMA - Lettere e Filosofia ...
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anteriore rispetto a noi, né ciò che è più noto per natura si identifica con ciò che è più noto a<br />
noi. Dicendo “anteriori” e “più noti rispetto a noi”, intendo riferirmi agli oggetti più vicini<br />
alla sensazione; dicendo invece “anteriori” e “più noti assolutamente”, intendo riferirmi agli<br />
oggetti più lontani dalla sensazione. I più lontani dalla sensazione sono così gli oggetti<br />
massimamente universali, mentre i più vicini di tutti sono gli oggetti singoli: gli oggetti di<br />
questi due tipi, inoltre, risultano contrapposti gli uni agli altri 265 .<br />
Quindi, pur se il procedimento proprio della scienza per Aristotele è quello che va dalle<br />
cause agli effetti, avviene anche che a noi sia più noto l’effetto: in tal caso da questo<br />
risaliamo alla causa. Aristotele ammette anche che tali procedimenti siano convertibili,<br />
e dunque, giunti al termine dell’analisi, potremo riconvertirla nella sintesi e ottenere<br />
così una vera dimostrazione scientifica. Questi luoghi dovevano esser ben noti, come<br />
abbiamo brevemente accennato, a Zabarella e al suo De regressu. In ogni caso, da<br />
Aristotele e dagli aristotelici l’analisi viene ritenuta secondaria rispetto alla sintesi.<br />
Descartes rovescia la subordinazione tradizionale dell’analisi alla sintesi. Ai suoi occhi il<br />
primato spetta decisamente all’analisi essendo questa, e non la sintesi, il procedimento<br />
propriamente inventivo e costruttivo della scienza, poiché ricerca e risolve il complesso nella<br />
sua causalità e solo così fa progredire il sapere.<br />
La sintesi, il procedimento deduttivo che ha la sua forma tipica nel sillogismo aristotelico di<br />
cui gli Elementi di Euclide rappresentano l’esemplificazione più lucida, è sì inattaccabile, e<br />
proprio per questo adatto a «strappare il consenso del lettore per quanto ostinato e testardo egli<br />
possa essere», ma non riesce a dare «un’intera soddisfazione degli spiriti di quelli che<br />
desiderano d’imparare». E questo perché exponit ciò che già si è trovato per la prima via, «non<br />
insegna il metodo col quale la cosa è stata trovata», e dunque non rende conto del vero processo<br />
inventivo. Non ci si può attendere da questo un allargamento delle conoscenze, tutt’al più un<br />
ottimo mezzo di comunicazione.<br />
Per conto mio, ho seguito solamente la via analitica nelle mie meditazioni, perché essa mi<br />
sembra la più vera e la più acconcia per insegnare; ma, quanto alla sintesi, che senza<br />
dubbio è quella che voi desiderate qui da me, benché, riguardo alle cose che si trattano nella<br />
geometria, possa utilmente esser messa dopo l’analisi, essa non conviene, tuttavia, così<br />
bene alle materie che appartengono alla metafisica. Poiché v’ha questa differenza: che le<br />
prime nozioni, che sono supposte per dimostrare le proposizioni geometriche, essendo<br />
d’accordo con i sensi, sono ammesse facilmente da ognuno; per la qual cosa non v’è là<br />
nessuna difficoltà, se non di ben trarre le conseguenze, il che può esser fatto da ogni sorta<br />
di persone, anche dalle meno attente, purché soltanto si ricordino delle cose precedenti; e si<br />
obbligano facilmente a ricordarsene, distinguendo tante diverse proposizioni quante cose da<br />
osservare vi sono nella difficoltà proposta affinché s’arrestino separatamente su ciascuna e<br />
si possa loro citarle in appresso per avvertirli di quelle alle quali debbono pensare. Ma, al<br />
contrario, riguardo alle questioni che appartengono alla metafisica, la principale difficoltà<br />
è di concepire chiaramente e distintamente le prime nozioni. Poiché, sebbene di loro natura<br />
esse non siano meno chiare, ed anzi spesso siano più chiare di quelle considerate dai<br />
geometri, tuttavia, poiché sembra che non s’accordino con parecchi pregiudizi che abbiamo<br />
ricevuti per mezzo dei sensi, ed ai quali siamo abituati fin dall’infanzia, non sono<br />
perfettamente comprese se non da quelli che sono attentissimi, e che si studiano di staccare,<br />
per quanto possono, il loro spirito dal commercio dei sensi; ecco perché, se fossero<br />
proposte da sole, sarebbero facilmente negate da quelli che hanno lo spirito incline alla<br />
contraddizione. E questa è stata la causa per cui ho scritto piuttosto delle meditazioni che<br />
delle dispute o delle questioni, come i geometri, a fine di testimoniare così che non ho<br />
scritto se non per quelli che si vorranno dare la pena di meditare con me seriamente, e<br />
considerare le cose con attenzione 266 .<br />
Dunque, due ragioni ci vengono indicate come decisive nella scelta dell’uso del metodo<br />
analitico per le sue Meditazioni.<br />
265 Aristotele, Analitici Secondi, cit. (I, 2, 71b34-72a5), pp. 263-64.<br />
266 R. Descartes, Meditazioni Metafisiche. Risposte alle seconde obbiezioni, cit., p. 145 (corsivo mio).<br />
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