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Sara Pagliano ALIA VERITATIS NORMA - Lettere e Filosofia ...

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come un arbitrario frutto dello spirito, una «finzione»: «dunque non si dovrà temere di<br />

fingere qualcosa, se appena percepiamo una cosa chiaramente e distintamente» 192 .<br />

Abbiamo parlato di una continuità a proposito della gnoseologia di Spinoza: come, allora,<br />

interpretare il passo presente nella Korte Verhandeling?<br />

Per comprendere meglio questo, occorre osservare che l’intendere (sebbene la parola suoni<br />

altrimenti) è un semplice o puro patire, in quanto la nostra mente viene così modificata da<br />

ricevere altri modi del pensiero che prima non aveva 193 .<br />

È questo il segno di una «netta antitesi» fra la gnoseologia della Korte Verhandeling e<br />

quella del Tractatus de intellectus emendatione, tale per cui si passerebbe da una teoria<br />

della passività 194 del conoscere propria della Korte Verhandeling, e corrispondente alla<br />

fase più antica del pensiero spinoziano, a quella opposta di un’attività giunta a piena<br />

maturazione nell’Etica passando per il Tractatus de intellectus emendatione 195 ?<br />

Oppure, al contrario, il Tractatus de intellectus emendatione è da considerarsi come opera<br />

giovanile ancora disorganica, e dunque anteriore alla Korte Verhandeling e non pienamente<br />

compatibile con l’espressione matura del pensiero del filosofo dell’Etica? 196<br />

Tertium datur. Concordo con l’analisi svolta dalla Pozzi nella sua analisi del concetto di<br />

passività nella Korte Verhandeling:<br />

192 TIE, p. 112.<br />

193 KV, II, 15.<br />

194 Cassirer così si esprime a riguardo della teoria della conoscenza in quest’opera: «Ogni volta è<br />

l’oggetto che deve afferrare l’io e prenderne possesso, per suscitare in esso il sapere». Mentre per ciò che<br />

riguarda l’incondizionato «non possiamo cogliere quest’ultimo, elevandoci a esso per mezzo di concetti<br />

derivati, ma piuttosto quando esso stesso ci afferra e ci si rivela intuitivamente». Quindi unisce passività<br />

del conoscere e l’immediatezza della conoscenza intuitiva. Secondo Cassirer, in quest’opera Spinoza<br />

risente ancora del naturalismo rinascimentale, ed in particolare di Campanella: «Qui Spinoza è ancora del<br />

tutto sul piano della filosofia italiana del Rinascimento, su quel terreno da cui è sorta la visione della<br />

natura di un Telesio e di un Patrizi, di un Giordano Bruno e di un Campanella», ancora «completamente<br />

estraneo all’influsso cartesiano», tant’è che «uno sguardo al Breve Trattato basta per mostrare che in lui il<br />

problema della scienza esatta, cioè il problema della conoscenza matematica della natura, non si è ancora<br />

risvegliato». Storia della filosofia moderna, Einaudi, Torino, 1955, vol. II, pp. 95-152.<br />

195 Cfr. ivi, p. 112 : «Ora soltanto, con una spontanea correzione, con un rovesciamento anzi<br />

dell’affermazione primitiva, si raggiunge il punto di vista, da cui era partito Descartes nelle Regole: non<br />

già le cose esterne, bensì l’intelletto costituisce l’oggetto primo di ogni considerazione filosofica. Si è<br />

compiuto così il primo passo dall’intuizione passiva e recettiva della natura alla riflessione sui fondamenti<br />

della conoscenza».<br />

196 Rispetto alla cronologia tradizionale che poneva anteriormente la KV rispetto a tutte le altre opere<br />

spinoziane, Filippo Mignini ha sostenuto ipotesi nuove quanto alla cronologia delle prime opere<br />

spinoziane e alla redazione della KV. Riconosciuta la piena autenticità di quest’ultima sia dal punto di<br />

vista della dottrina di fondo sia dal punto di vista redazionale, egli, in contrapposizione alla tesi di<br />

Cassirer, la pone in relazione di continuità con l’Etica. La tesi della «passività» dell’intendere dovrebbe<br />

esser interpretata, sulla base dell’ontologico parallelismo degli attributi, come principio della simultaneità<br />

di idea ed oggetto. «La dottrina della strutturale passività dell’intendere ha inoltre il suo fondamento<br />

ontologico nella natura della mente intesa come modo ed effetto di una causa di sé - e di tutte le altre cose<br />

- unica e infinita. Dunque, sia che la mente conosca la sostanza unica o Dio, sia che conosca gli altri modi<br />

finiti - compresa se stessa - può conoscere solo a condizione di ricevere le affezioni, ossia di patire». Così<br />

esprime la gnoseologia spinoziana Mignini nel suo commento al passo in questione della KV.<br />

«L’intendere, inteso come patire, costituisce dunque la condizione preliminare di ogni agire della mente»<br />

(F. Mignini, L’intendere come puro patire. Passività e attività della conoscenza in Spinoza, «La Cultura»,<br />

XXV, 1 (1987), p. 143). Se dunque la passività dell’intendere testimonia la continuità tra KV ed E, la<br />

teoria dell’attività della mente come fonte di idee vere che si ritrova nel TIE è indice di una gnoseologia<br />

ancora immatura. Si considera come ipotesi verosimile l’idea che la KV segua e non preceda il TIE. Per<br />

tale questione si rimanda a: F. Mignini, Per la datazione e l’interpretazione del Tractatus de intellectus<br />

emendatione di Spinoza, «La Cultura», 17 (1979), pp. 87-160; Introduzione a Spinoza, Laterza, Roma-<br />

Bari, 1983; «Nuovi contributi per la datazione e l’interpretazione del Tractatus de intellectus emendatione<br />

di Spinoza», in Spinoza nel 350° anniversario della nascita, Atti del congresso (Urbino 4-8 ottobre 1982),<br />

a cura di E. Giancotti, Bibliopolis, Napoli, 1985, pp. 515-25.<br />

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