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Sara Pagliano ALIA VERITATIS NORMA - Lettere e Filosofia ...

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Ma ora per poter sapere da quale idea di una cosa, fra le molte che ne ho, si possono<br />

dedurre tutte le proprietà di un soggetto, non occorre osservare se non che quell’idea o<br />

definizione della cosa ne esprima la causa efficiente. Così per esempio, per cercare la<br />

proprietà del cerchio, io esamino se da questa idea del cerchio, ossia che consta di infiniti<br />

rettangoli, si possa dedurre tutte le proprietà; esamino, cioè se questa idea implichi la causa<br />

efficiente del cerchio; e se no, ne cerco un’altra, cioè che il cerchio è lo spazio descritto da<br />

una linea della quale un punto è fisso e l’altro è mobile: e poiché questa definizione esprime<br />

la causa efficiente, so che ne posso dedurre tutte le proprietà del cerchio. Così pure quando<br />

definisco Dio come l’Ente sommamente perfetto, poiché questa definizione non esprime la<br />

causa efficiente, non ne potrò ricavare tutte le proprietà di Dio. Ma quando definisco Dio<br />

come l’Ente, ecc, vedete la definizione XI della parte prima dell’Etica 167 .<br />

La definizione che ne darà nell’Etica sarà: «Dio, ossia la sostanza che consta di infiniti<br />

attributi, ciascuno dei quali esprime un’essenza eterna ed infinita, esiste<br />

necessariamente».<br />

Sappiamo che Descartes definisce Dio come l’Ente perfettissimo, dunque attraverso una<br />

proprietà e non attraverso la ragione genetica della sua natura, e così facendo lo definisce ancora<br />

imperfettamente e non in modo adeguato, 168 ed è per questo che l’ordine della Natura che<br />

l’intelletto deve riprodurre risulterà invertito, perché il suo non è il debitus ordo.<br />

Incominciamo forse dunque a capire come si costituisca l’affinità tra geometria e metafisica e<br />

soprattutto come originariamente venga colta.<br />

La chiave della certezza della geometria consiste appunto nel fatto che essa costruisce i suoi<br />

oggetti a partire da una nozione intuitiva originaria che esprime l’infinità e che l’intelletto<br />

produce assolutamente 169 : l’idea della quantità. Determinando poi tale idea per mezzo del<br />

movimento, ne ottiene un’infinità di idee positive 170 , ovvero le definizioni genetiche delle<br />

figure, e il principio della deduzione delle loro proprietà intrinseche. In tal modo ne avrà una<br />

conoscenza perfettamente adeguata, perché non le conoscerà come un oggetto fuori di sé, ma<br />

avendole essa stessa generate, le saprà interiormente nella loro ragione genetica. Per questo<br />

qualsiasi deduzione che da esse derivi sarà sempre un’idea vera, chiara e distinta, estranea al<br />

numero e alla durata ma «percepita sotto l’aspetto dell’eternità ed in numero infinito» 171 , non<br />

essendo che un modo ottenuto attraverso lo stesso processo, vale a dire la determinazione della<br />

quantità per mezzo del movimento e che deriva «dalla sola necessità della nostra natura». Così<br />

non dovrà preoccuparsi di altro che di svolgere e connettere rigorosamente le sue idee<br />

all’interno del Pensiero, certa di muoversi sempre all’interno della verità 172 .<br />

Questa operazione geometrica non è diversa, in fondo, dal modo secondo il quale procede<br />

l’intelletto, così come abbiamo visto precedentemente.<br />

Nello stesso modo in cui all’inizio gli uomini poterono, sia pure con grande fatica ed in<br />

modo imperfetto, fare con strumenti innati cose facilissime e, una volta fatte queste, con<br />

167 Ep. LX.<br />

168 Cfr. M. Gueroult, Spinoza (Ethique I), cit., p. 169: «Toutefois, si la définition spinoziste est la ratio<br />

essendi de la définition cartesienne, on doit reconnaître que celle-ci est la ratio cognoscendi de celle-là,<br />

car l’idée vraie donnée n’est pas dès l’origine aperçue immédiatement en nous dans sa pleine clarté. Une<br />

suite de reflexions (ou de demonstrations) est nécessaire pour que notre conscience s’élève jusqu’à<br />

l’intuition de la structure intime de son objet. La définition cartesienne n’est que la coscience encore<br />

imparfaite de cette idée; la définition spinoziste en est la coscience parfaite; l’une est au point de départ,<br />

l’autre au point d’arrivée; mais l’idée vraie, latente dans la première, fait de cette idée la norme<br />

commandant le progrès qui va de l’une à l’autre, la marche correcte de l’esprit étant celle qui obéit à ‘la<br />

norme de l’idée vraie donnée».<br />

169 Cfr., TIE, p. 168. «[l’intelletto] percepisce alcune cose, ossia forma alcune idee, in modo assoluto[…]<br />

quelle che forma in modo assoluto esprimono l’infinitezza». Assolutamente perché essendo infinita non<br />

ha causa e quindi non può essere percepita che per se stessa. Vedremo come questo si declini nel caso<br />

dell’idea di Dio, idea infinita ma causa di sé.<br />

170 Cfr., TIE, p. 168: «Forma le idee positive prima delle negative».<br />

171 TIE, p. 169: «Percepisce le cose non tanto nella durata, quanto sotto l’aspetto dell’eternità ed in<br />

numero infinito».<br />

172 Cfr. M. Gueroult, Spinoza (Ethique I), cit., p. 27 e Spinoza (Ethique II), cit., p. 476.<br />

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