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Sara Pagliano ALIA VERITATIS NORMA - Lettere e Filosofia ...

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3.4 Cos’è il vero e cosa il falso<br />

Per farci un’idea corretta di queste due nozioni, cioè del vero e del falso, cominceremo dal<br />

significato delle parole, da cui apparirà che esse sono solo denominazioni estrinseche delle<br />

cose, né possono essere attribuiti alle cose se non per amor di retorica. Ma siccome la<br />

gente comune è stata la prima a trovare le parole che in seguito vengono impiegate dai<br />

filosofi, è compito di colui che cerca il significato originario di una parola chiedersi quale<br />

era il suo primo significato presso la gente comune; […]. Sembra dunque che il primo<br />

significato del vero e del falso abbia avuto origine dai racconti, e si sia detto vero il<br />

racconto di un fatto realmente accaduto, e falso il racconto di un fatto mai accaduto. E i<br />

filosofi hanno poi utilizzato questo significato per designare la concordanza o la<br />

discordanza di un’idea col suo ideato; […] E di là in seguito questo significato è stato<br />

riferito per metafora alle cose inerti, come quando diciamo vero o falso l’oro, come se l’oro<br />

che ci è presentato raccontasse qualcosa su se stesso, dicendoci quello che è o non è in<br />

lui 476 .<br />

Secondo questa ricostruzione del significato originario della nozione di vero e falso la<br />

prima forma in cui la verità si presenta comunemente è quella della conformità di un<br />

racconto ad un fatto. La verità, allora, non riguarda che il piano del discorso, e coloro<br />

che hanno pensato che si trattasse invece di «un’affezione dell’ente» si sono<br />

completamente sbagliati, infatti il vero non «può che applicarsi alle cose solo<br />

impropriamente, o se preferisci, per amor di retorica» 477 .<br />

Se poi si chiede, cosa sia la verità al di fuori dell’idea vera, si chieda anche cosa sia la<br />

bianchezza al di fuori del corpo bianco, perché la relazione è la stessa in entrambi i casi 478 .<br />

La verità separata dall’idea chiara e distinta che abbiamo è una pura astrazione, ente di<br />

ragione. E coloro che cercano la certezza delle cose al di fuori delle idee si ingannano<br />

prendendo «retoricamente l’ideato per l’idea» 479 .<br />

Il vero si presenta all’inizio dunque sotto la forma di adaequatio rei et intellectus, che è una<br />

definizione della verità puramente nominale, estrinseca.<br />

Quanto a me non ne ho mai dubitato, parendomi una nozione così trascendentalmente<br />

chiara che è impossibile ignorarla: in effetti vi sono certamente dei sistemi per valutare una<br />

bilancia prima di servirsene, ma non se ne troverebbe di certo per imparare che cos’è la<br />

verità, se non la si conoscesse per natura. Infatti quale ragione avremmo di assentire a chi<br />

ce lo insegnasse, se non sapessimo che è vero, cioè se non conoscessimo la verità? In<br />

questo modo si può certamente spiegare cosa significhi il nome verità a chi non capisce la<br />

lingua, e dire loro che questo termine, verità, nel suo significato proprio, denota la<br />

conformità del pensiero all’oggetto […]; ma non si può dare alcuna definizione di logica<br />

che aiuti a conoscere la sua natura 480 .<br />

Che si tratti di conformità tra un racconto e un fatto o tra pensiero ed oggetto,<br />

immediatamente la verità si concepisce come conformità, e così non riguarda la natura<br />

delle cose ma la rappresentazione che noi ne abbiamo: l’affermazione della verità sarà<br />

un giudizio su tale rappresentazione e non sulla cosa. Di per se stesse le idee non sono<br />

né vere né false, la verità e falsità si trova solo nel giudizio.<br />

475 E, V, pr. 23.<br />

476 CM, p. 129 (corsivo mio).<br />

477 CM, p. 130.<br />

478 CM, p. 130.<br />

479 CM, p. 130.<br />

480 René Descartes. Tutte le lettere 1619-1650, cit. p. 1053, Descartes a Mersenne, 16 ottobre 1639.<br />

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