INTRODUZIONE - OpenstarTs
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quest'ammirabile creatura, l'idolo di Bien-hoa, e lo stesso Tay-Shung<br />
potevalo contare sulle dita, se pur quelli erano realmente sorrisi.<br />
(Tay-See, p. 132)<br />
(…) nessun abitante della vallata aveva veduto un solo sorriso<br />
sfiorare quelle piccole labbra, né mai aveva veduto quella fronte,<br />
anche per un solo istante, serena (…) Si era sempre mostrata triste,<br />
malinconica, taciturna, come se un dolore immenso, straziante avesse<br />
costantemente regnato in quel picciol cuore.<br />
(La Rosa del Dong-Giang, p. 133)<br />
Nel romanzo, si trova molto sviluppato il tema della musica e del canto che,<br />
come spesso in Salgari, viene associato alla figura femminile (anche Fathma fa il suo<br />
ingresso nella storia con uno spettacolo di canto e danza e, cantando e suonando,<br />
Marianna affascinerà Sandokan). L’autore conferma qui il grande fascino esercitato<br />
su di lui dal melodramma, che seguiva assiduamente, recensendo anche gli spettacoli<br />
per il giornale. Gli influssi del teatro musicale, e soprattutto dell'Aida verdiana, come<br />
ha ben rilevato Gian Paolo Marchi 28 , sono, infatti, particolarmente evidenti in Tay-<br />
See e nella Rosa.<br />
Il musicista Emilio Firpo, amico di Salgari, dice 29 a proposito di questo<br />
romanzo: “La trama sembra fatta apposta per essere ridotta in dramma lirico” con<br />
“tre personaggi (soprano, tenore, baritono) che farebbero la gioia di qualsiasi<br />
compositore anche moderno”.<br />
Taciturna, sempre malinconica, spesso tetra, Tay-See non<br />
sorrideva mai, ma se non sorrideva se la udiva cantare sotto i<br />
silenziosi boschi dei banani e sotto le profumate foreste dei thrai<br />
thom e dei thrai cam, dove ella amava tutta sola a passeggiare al<br />
calar del sole o allo spuntar dell'alba, canto sempre triste, sempre<br />
lamentevole che pareva il gorgheggiare del solitario francolino e che<br />
aveva un non so quale tono, che si avrebbe detto lo sfogo di un’anima<br />
addolorata languente, canto che i superstiziosi di Bien-hoa dicevano<br />
28 Cfr. Gian Paolo Marchi, Salgari e il melodramma, in La spada di sambuco, Verona, Fiorini, 2000, p. 49 e sg.<br />
Claudio Gallo, Salgari cronista teatrale, in “Bollettino della Biblioteca Civica di Verona”, n. 2 autunno 1996, p.<br />
191 e sgg.<br />
29 Marchi, Ibidem, p. 59.<br />
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