<strong>Rivista</strong> <strong>Inter<strong>di</strong>sciplinare</strong> <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> <strong>Paesaggistici</strong> / Inter<strong>di</strong>sciplinary Review of Landscape Stu<strong>di</strong>esIl paesaggio come spazio <strong>di</strong> politicheA partire da queste considerazioni si può dunque capire come la trattazione del tema del paesaggio pongadue domande chiave alle quali le amministrazioni pubbliche, e non solo loro, dovrebbero cercare <strong>di</strong> darerisposte:1. quale visione strategica dello sviluppo si deve/può elaborare per orientare le politiche territorialiverso la necessaria compenetrazione fra gli obiettivi della competitività (strategia <strong>di</strong> Lisbona) edella sostenibilità (strategia <strong>di</strong> Goteborg)? Detto in altri termini, se dal punto <strong>di</strong> vista teorico ilconcetto <strong>di</strong> paesaggio permette <strong>di</strong> portare al centro dell’attenzione delle politiche i luoghi invecedei territori bi<strong>di</strong>mensionali della crescita, <strong>di</strong>venta necessario elaborare – e perseguire – modelli<strong>di</strong> sviluppo nei quali si sal<strong>di</strong>no attivamente aumento e generalizzazione del benessere sociale edeconomico, capacità dei territori <strong>di</strong> trovare una collocazione appropriata nei circuiti dellacompetizione globale, valorizzazione e tutela del patrimonio ambientale e culturale. Lo sviluppoin questa ottica <strong>di</strong>venta sostenibile solo nella misura in cui è locale, ovvero si regge sulle risorseendogene, ed è strategico, vale a <strong>di</strong>re costruisce quadri <strong>di</strong> senso per l’azione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>o-lungotermine, coerenti e allo stesso tempo flessibili (che si trasformano attraverso processi interattivi,allo stesso modo in cui si trasforma il paesaggio);2. quali strumenti operativi si possono mettere in campo per portare la <strong>di</strong>mensione del paesaggio alcentro delle politiche territoriali? Se si accetta l’idea <strong>di</strong> paesaggio come leva per dare sostanza alconcetto <strong>di</strong> sviluppo sostenibile, allora la risposta a questa domanda deve andare nella stessa<strong>di</strong>rezione: bisogna elaborare strumenti locali (che cercano <strong>di</strong> utilizzare/mobilitare in primo luogole risorse conoscitive, politiche, amministrative e anche finanziarie locali, e che su questa basecostruiscono l’apporto <strong>di</strong> risorse esogene) e strategici (che lavorano sulle trasformazioni delcontesto e cercano <strong>di</strong> orientarne l’efficacia – la capacità potenziale <strong>di</strong> generare effetti positivi 4 –nel lungo periodo). In sostanza <strong>di</strong>venta <strong>di</strong>fficile immaginare uno o più strumenti specifici avalenza “universale”; si tratta piuttosto <strong>di</strong> mettere in campo operazioni <strong>di</strong> bricolage istituzionale 5 ,vale a <strong>di</strong>re <strong>di</strong> utilizzo ricombinatorio, creativo ed effettivo delle risorse istituzionali eamministrative che già sono a <strong>di</strong>sposizione. Un approccio <strong>di</strong> questo genere non nega l’utilità <strong>di</strong>strumenti quali i piani paesaggistici, tutt’altro, piuttosto postula la necessità <strong>di</strong> immaginarli cometessere <strong>di</strong> un puzzle più complesso che ha a che fare con la governance territoriale, con l’insieme<strong>di</strong> interazioni che determinano le trasformazioni territoriali.Affrontare il tema del paesaggio significa dunque interrogarsi sul concetto <strong>di</strong> bene pubblico, suimeccanismi che ne regolano l’uso, il consumo, la riproducibilità e la <strong>di</strong>spersione. In conseguenza <strong>di</strong> ciò ilpaesaggio mette in questione (rende cioè oggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>battito) il ruolo degli enti pubblici e la loro capacità <strong>di</strong>governare i processi reali, <strong>di</strong> incidere su <strong>di</strong> essi, <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzarli.Quali azioni per il paesaggioPer provare a capire come queste considerazioni possano orientare operativamente le politiche territoriali sipuò utilizzare come esempio la questione del proliferare dei capannoni agricoli/produttivi nella pianacuneese, che così tanto e in maniera così profonda sta mutando la geografia e la qualità del territorio (e chedel resto è la questione centrale attorno alla quale ruota l’esperienza <strong>di</strong> LANDSIBLE). Come possono agire leautorità pubbliche per governare questo fenomeno? Quali interventi possono mettere in campo gli attori ingioco per ottenere il doppio risultato <strong>di</strong> tutelare la riconoscibilità e l’integrità del paesaggio e allo stessotempo garantire lo sviluppo economico dell’area (sempre ammesso che questi due obiettivi sianoconciliabili)?Dare una risposta a queste domande significa innanzi tutto costruire una lettura attenta del territorio.Si tratta <strong>di</strong> un lavoro <strong>di</strong> tipo descrittivo che deve porsi l’obiettivo <strong>di</strong> portare alla luce gli elementi(morfologici, ma anche relazionali, storici, in una parola culturali) che definiscono le <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> quello4 Cfr. Jullien, 1998.5 Cfr. Weick, 1993.55
<strong>Rivista</strong> <strong>Inter<strong>di</strong>sciplinare</strong> <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> <strong>Paesaggistici</strong> / Inter<strong>di</strong>sciplinary Review of Landscape Stu<strong>di</strong>esspecifico paesaggio. Quello compiuto da LANDSIBLE è in questo senso un primo passo in<strong>di</strong>spensabile: perchéil paesaggio possa essere oggetto <strong>di</strong> tutela e <strong>di</strong> valorizzazione è in<strong>di</strong>spensabile innanzi tutto riconoscerne icaratteri <strong>di</strong> bene pubblico, <strong>di</strong> risorsa scarsa e tendenzialmente non riproducibile (o almeno non al ritmo con ilquale viene consumata, lasciando il costo dei processi <strong>di</strong> appropriazione e <strong>di</strong> spoliazione alle generazionifuture) e <strong>di</strong> potenziale <strong>di</strong> sviluppo.La definizione dei valori che in<strong>di</strong>viduano uno specifico paesaggio non sembra tuttavia sufficiente afornire in<strong>di</strong>cazioni efficaci per la sfera delle politiche pubbliche. Proprio perché il problema in gioco non èsemplicemente la conservazione del paesaggio, ma l’in<strong>di</strong>rizzo delle sue trasformazioni (e del resto l’utilitàdel concetto stesso risiede nella sua capacità <strong>di</strong> definire la processualità dei fenomeni territoriali), aggre<strong>di</strong>re ilfenomeno della proliferazione dei capannoni comporta la necessità <strong>di</strong> avventurarsi nella sua complessità, percercare <strong>di</strong> <strong>di</strong>panare il più possibile la matassa <strong>di</strong> cause, concause ed effetti che lo definisce, uscendo perquanto possibile da un’ottica esclusivamente territorialista/urbanistica.Così ad esempio si può immaginare <strong>di</strong> affrontare analiticamente la questione adottando punti <strong>di</strong> vista<strong>di</strong>versi e complementari:• interrogando le relazioni fra il funzionamento della finanza locale, il sistema <strong>di</strong> regolazion<strong>eu</strong>rbanistica e le <strong>di</strong>namiche territoriali alla scala locale. Il punto <strong>di</strong> partenza <strong>di</strong> una tale analisipotrebbe essere la constatazione che i meccanismi <strong>di</strong> reperimento delle risorse finanziarie daparte dei Comuni, attraverso strumenti quali l’ICI, pongono questi ultimi in una posizione <strong>di</strong>debolezza, o per lo meno li sottopongono a spinte contrad<strong>di</strong>ttorie, che non sempre sono in grado<strong>di</strong> governare. Si è in sostanza creata una <strong>di</strong>pendenza molto forte fra e<strong>di</strong>ficazione e finanzapubblica locale: più si costruisce, maggiori saranno le entrate <strong>di</strong> una amministrazione (ma anchemaggiori saranno i costi per l’erogazione <strong>di</strong> servizi, oltre che il grado <strong>di</strong> consumo <strong>di</strong> risorseterritoriali non riproducibili). Di fronte a questa sorta <strong>di</strong> circolo vizioso un territorio come quellopiemontese, caratterizzato da un numero molto elevato <strong>di</strong> comuni <strong>di</strong> piccole o piccolissime<strong>di</strong>mensioni, sembra quasi impossibile immaginare che il livello locale da solo sia in grado <strong>di</strong>elaborare strategie <strong>di</strong> uscita praticabili;• analizzando gli effetti territoriali delle politiche agricole comunitarie e dei canali <strong>di</strong>finanziamento agli operatori privati che da queste derivano. In questo caso un punto <strong>di</strong> partenzapotrebbe essere dato dalle contrad<strong>di</strong>zioni che si generano alla scala locale fra gli effetti <strong>di</strong> questepolitiche e gli obiettivi <strong>di</strong> sostenibilità dello sviluppo e protezione dei paesaggi che animano altrisettori <strong>di</strong> intervento comunitari. Anche in questo caso si tratta <strong>di</strong> un piano analitico che non puòesaurirsi alla scala locale, pure se è a questo livello che gli effetti concreti dei processi in corso simanifestano in tutta la loro contrad<strong>di</strong>ttorietà;• ricostruendo le reti degli attori che sono in qualche misura interessati al fenomeno, che lointercettano, che lo promuovono o riproducono, che tentano <strong>di</strong> governarlo o che semplicementelo subiscono, e analizzando le forme concrete <strong>di</strong> governance (implicite o esplicite) che tali retidefiniscono. L’agire locale non può infatti essere attribuito esclusivamente a logiche esterne alterritorio, al determinarsi localizzato <strong>di</strong> eventi che trovano su <strong>di</strong> altri livelli le proprie cause; gliattori locali sono almeno in parte i beneficiari, i responsabili o i soggetti che subiscono gli effetti<strong>di</strong> tali processi sovraor<strong>di</strong>nati, oltre che i depositari <strong>di</strong> quell’insieme <strong>di</strong> saperi locali checontribuiscono a definire il paesaggio (gli specifici paesaggi). Ricostruire la geografia dellerelazioni locali è dunque un passo in<strong>di</strong>spensabile per in<strong>di</strong>viduare le basi sulle quali costruirepolitiche per il paesaggio, le risorse sulle quali fare leva, quelle da mobilitare, quelle dagovernare e anche quelle alle quali porre vincoli.Come si può vedere questi tre mo<strong>di</strong> per interpretare le trasformazioni del paesaggio cuneese (esicuramente se ne potrebbero definire altri) hanno come conseguenza l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi possibilipiani d’azione, ciascuno necessario e complementare all’altro. In buona sostanza il problema, per un decisorepubblico che voglia provare a inserirsi nei processi concreti <strong>di</strong> trasformazione del territorio, è quello <strong>di</strong> farsicarico della complessità <strong>di</strong> tali processi. La questione è felicemente riassunta da Donolo: “le politichepossono e devono incorporare complessità sociale. [...] E del resto la complessità si presenta come sfida,rischio, urgenza, imperativo. [...] Le politiche però non devono esaurire l’universo: c’è il loro specifico scartointerno (tra formulazione e implementazione possibile e quella reale), e quello esterno rispetto alla realtà56