#3D MAGAZINE 43
DI ROBERTA TESTA photo Luca Marfé NEW YORK - Con il muso ad un millimetro dalla vetrata, Gennaro domina Manhattan. Occhi azzurrissimi, pelo da copertina ed una goffaggine atipica. Eh no, Gennaro non è mica un gatto qualunque. Non è da tutti, infatti, vagare sospeso tra i grattacieli della Grande Mela e osservare quel mosaico fluido che si scompone e si ricompone continuamente. È ad un 44esimo piano che oggi passa le sue giornate, inciampando ogni tanto tra divano e tavolo. Il passato, qui, è un ricordo lontano. Gennaro è venezuelano di nascita. È a Caracas, infatti, che Luca Marfé lo ha trovato. Circa 4 anni fa, tra le favelas di uno dei peggiori quartieri della città, Petare. Se ne stava lì, nel fango, denutrito, spelacchiato e solo, sul ciglio di un marciapiede malandato, a lottare tra la vita e la morte. «Margot, donna di gran cuore che ci dava una mano con le faccende domestiche, lo aveva intravisto. Lo abbiamo recuperato insieme e ne è venuta fuori la follia di portarlo a casa», racconta Luca. E, dopo settimane di cure, biberon e tanto amore, Gennaro è tornato alla grande: pelo lunghissimo e occhi color ghiaccio finalmente spalancati sul mondo. Ma arrivano altri problemi, stavolta per l’espatrio. La sua nuova famiglia deve spostarsi da Caracas a Roma. Intoppi sia con la dogana venezuelana che con quella europea. 42 #3D MAGAZINE #3DOUTSIDER Gennaro il "leader" «È stato difficilissimo farlo uscire dal Venezuela. Fino all’ultimo abbiamo rischiato l’altolà delle autorità locali, nonostante avessimo preparato con cura tutti i documenti, tant’è che a un certo punto ho pensato di dover cancellare la mia partenza. Non lo avrei mai e poi mai lasciato lì». Altro mezzo miracolo, la partenza, ma i guai non finiscono: all’arrivo in Italia, infatti, Gennaro rischia il rimpatrio. Ma anche stavolta ce la fa. Nei mesi a Roma fa amicizia con il nuovo arrivato in famiglia e scorrazza in giardino dove, a modo suo, apprende l’arte felina della caccia alle lucertole, non sempre con successo. Sono più le volte che vincono loro che quelle in cui torna a casa da eroe. I timbri sul suo passaporto, però, non sono soltanto due. Dopo qualche mese a Roma, arriva l’America. Gennaro segue nuovamente la sua famiglia che, per lavoro stavolta, si sposta a New York. E così, approda nel suo nuovo rifugio di vertigini, a sovrastare Manhattan dall’alto. Qui inizia a spopolare sui social, conquistando tutti. Su Instagram è delirio. «Non ha ancora un suo account ufficiale, ma già da tempo sono in molti a chiedermelo», dice Luca, sorridendo con fare incredulo. «In questa casa sospesa tra terra e cielo, è diventato il “Leader” di Manhattan». Da gatto morente dei barrios di Caracas, a mito dei luccichii di New York. Gennaro ha resistito e ce l’ha fatta. E il suo nome, non a caso, nasce proprio attorno a questo, alla sua capacità di reggere. «Ci ho tenuto, nonostante fosse venezuelano, a dargli un nome napoletano perché aveva un po’ quest’aria da scugnizzo», racconta ancora Luca. «Un detto delle nostre parti afferma che “il napoletano si fa secco ma non muore”. E per Gennaro è andata esattamente così. Quindi è uno di noi». E allora, cosa farà lo scugnizzo americano in futuro? «Vedremo, New York o di nuovo Roma. Il suo destino è legato alle nostre giravolte professionali». Una cosa è certa: per ora continuerà a godersi la vita con l’animo di chi non ha mollato, di chi si è aggrappato alla vita stessa e ce l’ha fatta. Da perfetto scugnizzo. Il Leader, uno di noi.