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DI GABRIELLA GALBIATI<br />
photo Andrea Mete<br />
Classe ‘90, Erica Mou è una<br />
delle più interessanti cantautrici<br />
italiane. Nel 2012 ha partecipato<br />
al Festival di Sanremo, nella<br />
sezione Giovani, classificandosi<br />
seconda e vincendo il premio della<br />
critica Mia Martini e il Premio<br />
Sala Stampa Radio Tv. Nella sua<br />
decennale carriera, ha aperto i<br />
concerti di artisti come Patti Smith<br />
e Susan Vega, e ha calcato grandi<br />
palchi come quello del 1° Maggio<br />
di Roma e dell’Heineken Jammin’<br />
Festival.<br />
Il suo ultimo album La bandiera<br />
sulla luna racconta della<br />
conquista di nuovi spazi interiori<br />
e dell’irrequietezza di una<br />
generazione. «È un disco – come<br />
spiega Erica – che lascia molte<br />
domande aperte, un po’ come<br />
le abbiamo tutti noi. Descrive lo<br />
stato d’animo di chi è in continua<br />
ricerca ed ha una tensione verso<br />
la luna. Qui la luna simboleggia<br />
soprattutto un punto di vista nuovo<br />
dal quale vedere le cose perché<br />
la generazione che descrivo è<br />
sospesa tra l’essere ancora giovane<br />
e l’essere adulta. Ed io stessa ho<br />
trovato un punto di vista nuovo».<br />
Com’è rappresentato questo punto<br />
di vista? «In tanti modi, soprattutto<br />
da nuovi spazi che si aprono. Non<br />
a caso l’album comincia con un<br />
trasloco, raccontato nel brano<br />
Svuoto i cassetti, una dichiarazione<br />
d’indipendenza da tante cose. Noi<br />
crediamo di non poter vivere senza<br />
una persona che ci salvi ed invece<br />
ho ritrovato una risorsa dentro di<br />
me senza chiedere aiuto a qualcun<br />
altro. Tutto il disco, in particolare<br />
il brano Ragazze posate, parla<br />
proprio del modo in cui a volte, per<br />
sentirci più protetti, perdiamo di<br />
vista quello che veramente vogliamo<br />
noi. L’altro punto di vista è quello<br />
geografico, perché è il primo<br />
disco che ho scritto lontano dal<br />
posto in cui sono nata, la Puglia,<br />
e ho cercato di trovare un nuovo<br />
calore e una nuova vicinanza». Il<br />
ritornello di Svuoto i cassetti recita<br />
“Penso a quanto sono stata stretta<br />
nei panni che non erano i miei”.<br />
«Un cambiamento che dobbiamo<br />
fare tutti ogni tanto con i vestiti<br />
veri e quelli metaforici perché a<br />
un certo punto ci stanno stretti.<br />
Si collezionano esperienze che<br />
necessariamente ti cambiano». Qual<br />
è la canzone più rappresentativa di<br />
te? «Roma era vuota è il secondo<br />
singolo estratto dall’album in cui<br />
mi ritrovo di più. La sento molto<br />
vicina. È una canzone che racconta<br />
di una storia d’amore dove Roma, la<br />
città in cui vivo da circa 3 anni, è un<br />
terzo personaggio». Tenco, Endrigo<br />
e i cantautori italiani l’hanno<br />
accompagnata nell’infanzia e nel<br />
disco c’è un omaggio ad Adriano<br />
Celentano con il brano Azzurro.<br />
«È una canzone che ha tanti temi<br />
presenti nel mio album e soprattutto<br />
festeggia 50 anni, per cui mi piaceva<br />
l’idea di poterla “spogliare” e<br />
mettere in luce un testo in cui io per<br />
prima non mi sono mai soffermata.<br />
Questa canzone si associa sempre<br />
alla scampagnata e all’estate e<br />
spesso non se ne capisce il vero<br />
senso. Invece io ho ritrovato in<br />
questo brano la ricerca di sensibilità<br />
e di calore di contro ad un freddo<br />
interiore da sconfiggere perché il<br />
protagonista non riesce a prendere<br />
delle decisioni e a fare quello che<br />
vuole nonostante ci sia la bella<br />
stagione. L’inverno ce l’ha dentro.<br />
Ed io ho scelto di non essere come<br />
il protagonista di “Azzurro”». #<br />
Giovane, bella<br />
e decisa, Erica Mou<br />
nella sua intensa<br />
carriera ha già<br />
collezionato<br />
esperienze e premi<br />
importanti e a noi<br />
di #3D Magazine<br />
racconta del suo<br />
ultimo lavoro e<br />
del suo omaggio ad<br />
Adriano Celentano<br />
32<br />
#3D MAGAZINE<br />
#3DPLAY