qdpd n 7.pdf - Collegio San Giuseppe - Istituto De Merode
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Pedagogia e Didattica Andrea Testa<br />
l’uso sistematico del verbo, segnali di un progressivo ritorno alla sintassi tradizionale.<br />
III Lezione – L’àncora della preghiera<br />
La madre (1930) è una poesia della sezione Leggende di Sentimento del tempo,<br />
nella quale Ungaretti rievoca persone, eventi o luoghi amati attraverso immagini<br />
in sequenza che ne costruiscono una rappresentazione mitica, con l’intento di<br />
prolungarne la memoria. Protagonista centrale è la madre ormai defunta. Il<br />
poeta immagina che ella lo conduca per mano davanti a Dio e s’inginocchi al<br />
suo cospetto per fargli ottenere l’assoluzione. Solo quando Dio gliela avrà concessa,<br />
tornerà a guardare in volto il figlio, con un breve sospiro, felice di averlo<br />
avvicinato alla gloria divina. Lei è l’amore che supera la morte, è la fede incrollabile.<br />
La versificazione tradizionale è quasi del tutto ripristinata, con una struttura<br />
compositiva di due quartine, una terzina e due distici e l’alternanza di<br />
endecasillabi e settenari; la sintassi proposizionale è sorretta sempre dal verbo<br />
e gli enjambements sono assenti. Una volta spentasi l’eco dell’ultimo battito del<br />
cuore, estremo diaframma tra il poeta e l’oltretomba (il muro d’ombra, v. 2), egli<br />
si ricongiunge alla Madre (va osservata l’iniziale maiuscola, che mitizza la figura<br />
materna), che intercede per lui, assorta e immobile (come una statua, v. 6) nella<br />
preghiera. L’arcaismo vedeva (prima persona singolare) è un’ulteriore traccia<br />
della volontà di recuperare una forma in sintonia con la tradizione. Lo sperimentalismo<br />
dell’Allegria ha avuto la funzione di far rinascere ex novo nel Sentimento<br />
del tempo il verso italico consacrato da secoli di pratica, restituendogli<br />
freschezza e purezza.<br />
Il problema religioso è posto al centro degli Inni7 , altra sezione di Sentimento<br />
del tempo, in particolare nella poesia La preghiera, datata 1928. Ungaretti è rammaricato<br />
al pensiero che il mondo fosse pieno di dolcezza solo prima della comparsa<br />
dell’uomo8 . Sono stati i suoi peccati di autodeificazione e di desiderio di<br />
immortalità in questa vita a inasprirlo, autoinganni diabolici che hanno gravato<br />
7 Cfr. G.Ungaretti, Note – Sentimento del tempo, op. cit., p. 541: “Gl’ ’Inni’ (…) esprimono una crisi<br />
religiosa, veramente patita, da milioni d’uomini e da me, in uno degli anni più oscuri del dopoguerra (…)”.<br />
A tal proposito ricorda L. Piccioni, Prefazione a “Vita d’un uomo”, op. cit., p. XXXVIII: “«Nel 1928»<br />
ricorda il poeta «dal Monastero di Subiaco…d’improvviso seppi che la parola dell’anno liturgico mi si era<br />
fatta vicina nell’anima: in quei tempi mi sarebbero nati gli ‘Inni’». Aveva anche detto che la sua poesia<br />
«stava per non accorgersi più di paesaggi, stava per accorgersi invece con estrema inquietudine, perplessità,<br />
angoscia, spavento, della sorte dell’uomo»”. A titolo di esempio valga la poesia Dannazione : “Anima<br />
da fionda e da terrori / Perché non ti raccatta / La mano ferma del Signore? (…) Tu non mi guardi più, Signore…”(vv.<br />
4-6; 15).<br />
8 Cfr. G.Ungaretti, Note – Sentimento del tempo, op. cit., pp. 535-536: “Nel ‘Sentimento del tempo’,<br />
come in qualsiasi altro momento della mia poesia sino ad oggi, quest’uomo ch’io sono, prigioniero nella sua<br />
propria libertà, poiché come ogni altro essere vivente è colpito dall’espiazione d’un’oscura colpa, non ha potuto<br />
non fare sorgere la presenza d’un sogno d’innocenza. Di innocenza preadamitica, quella dell’universo<br />
prima dell’uomo”.<br />
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