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incontri Emanuela Birocchi “Mattatoio 5”: testimonianza di un sopravvissuto EMANUELA BIROCCHI (I Classico A) Per mia fortuna non ho mai assistito a un bombardamento, quindi non so dire cosa farei in quelle circostanze. Ma so cosa ha fatto Kurt Vonnegut: ha scritto un capolavoro. Il suo “Mattatoio 5” è la storia semiseria e surreale di Billy Pilgrim, un americano medio, un non comune uomo comune. Ha infatti la straordinaria capacità di viaggiare da una dimensione spazio-temporale all’altra, indipendentemente dalla sua volontà. Può quindi trovarsi a Dresda durante la seconda guerra mondiale, ma anche nella fantascientifica Tralfamadore, dove viene esposto come esemplare della razza umana. “Mattatoio 5” non è un libro contro la guerra: è a favore della pace proprio per il fatto che parla di un episodio terribile, ovvero il bombardamento della cosiddetta “Firenze dell’Elba”, a cui lo scrittore ha realmente assistito. Vonnegut ha più volte ricordato che questo è un romanzo nato da un’esigenza interiore: un’esigenza che accomuna coloro che sono sopravvissuti. Un sopravvissuto non dimentica: tramanda ai posteri affinchè ciò di cui è stato testimone suo malgrado non debba più ripetersi. “Mattatoio 5 “ è uno dei più importanti libri antimilitaristi che siano mai stati scritti, vero e proprio caposaldo della letteratura pacifista. “Non c’è nulla di intelligente da dire su un massacro. Si suppone che tutti siano morti, e non abbiano più niente da dire o da pretendere. Dopo un massacro tutto dovrebbe tacere, e infatti tutto tace, sempre, tranne gli uccelli”. É vero, dopo il massacro di Dresda tutto tacque, ma presto- vent’anni dopo- Vonnegut ebbe il bisogno di raccontare. Non lo fece in maniera convenzionale; troppo facile piangersi addosso, fare della mera cronaca del dolore. Attraverso una prosa schietta e un’ironia dissacrante, l’autore dà forse la più disarmante testimonianza sulla seconda guerra mondiale. Dietro il sarcasmo, dietro lo stile surreale c’è una consapevolezza che quello che si è visto, quello che è accaduto a Dresda non potrà mai essere dimenticato. Dietro un libro le cui pagine scivolano via leggere come il vento, c’è tutto l’orrore verso la guerra, verso un destino – quello umano- che è stato e sarà sempre segnato da un’incessante contesa. Così va la vita. Da questa riflessione scaturisce, più che un manifesto pacifista, un ammonimento dell’autore affinchè ciò a cui è stato costretto ad assistere non debba più ripetersi. Ma allo stesso tempo Vonnegut finisce per arrendersi all’impotenza dell’uomo di fronte agli eventi della storia: tutto è stato già scritto e ai tanti Billy Pilgrim del mondo non resta che rassegnarsi. “Mattatoio 5” è un libro che si sobbarca il peso di ricordi spaventosi vissuti come un continuo presente, secondo la concezione tralfamadoriana del tempo, e cioè che “i tralfamadoriani possono guardare i diversi momenti proprio come noi guardiamo un tratto delle Montagne Roc- 82
“Mattatoio 5”: testimonianza di un sopravvissuto QdPD 1 (2011) ciose. Possono vedere come tutti i momenti siano permanenti, e guardare ogni momento che li interessa [...] Quando un tralfamadoriano vede un cadavere, l’unica cosa che pensa è che il morto, in quel momento è in cattive condizioni, ma la stessa persona sta benissimo in un gran numero di altri momenti.” É questo che fanno i sopravvissuti ed è questo che Vonnegut ha fatto con “Mattatoio 5”. Ha testimoniato l’inferno di Dresda collocandolo in una dimensione temporale fatta di brandelli tra loro scollegati, di frammenti di realtà e fantascienza. Tenendo sempre presente la preghiera di Billy Pilgrim: “Dio mi conceda la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare quelle che posso e la saggezza di comprendere sempre la differenza”. 83
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