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PRIMO POLIZZI IL PRIGIONIERO CHE CANTA - liabarone.it

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connotazione del pranzo patriarcale per eccellenza, il pranzo di Natale – sembrano fondersi le<br />

tradizioni culinarie della terra d’origine con i valori della convivenza umana, prescindendo da<br />

ogni implicazione laica o religiosa. Sogni ad occhi aperti questi, che comunque Primo non accetta<br />

e rifugge, perché la dign<strong>it</strong>à coincide anche con l’accettare, nella condizione presente, la fame<br />

come compagna, non più come stimolo fi sico, bensì quale condizione suprema dell’esistere.<br />

Perlomeno durante i momenti di veglia, perché durante il sonno, gli incubi lo tormentano ed<br />

enormi pagnotte continuano incessantemente a rotolargli addosso. (37)<br />

* * *<br />

Con il trascorrere del tempo, in una inesauribile successione di istanti, Primo entra infatti nella<br />

convinzione che le fantasie notturne non siano di per sé l’unica soluzione. La scelta si pone<br />

non come un fatto scontato e defi n<strong>it</strong>ivo, ma come un’incessante selezione, in ogni attimo di<br />

veglia, dei contatti, dei rapporti, degli argomenti di conversazione.<br />

L’ev<strong>it</strong>are ogni possibile contatto con il Kapò e con la sua corte, non annulla automaticamente<br />

la degradazione. È necessario dunque selezionare i rapporti, anche perché un triangolo rosso<br />

non garantisce la tempra pol<strong>it</strong>ica di chi lo indossa, che molto spesso è un semplice rastrellato,<br />

perennemente alla ricerca di cibo nei gesti come nei discorsi o peggio, disponibile per fame<br />

– quasi per un grottesco patto faustiano – a vendere la propria essenza di uomo. (38) Perché<br />

la morte dell’anima è sempre in agguato ed il Kapò ne è l’incarnazione: nel momento in cui<br />

eserc<strong>it</strong>a il dir<strong>it</strong>to di v<strong>it</strong>a e di morte; attraverso le angherie cui sottopone i compagni di Block;<br />

nella quotidiana messa in atto di strategie di corruzione, le stesse che in precedenza sono<br />

state messe in atto con lui.<br />

La selezione, comunque, non è mai tale da impedire di solidarizzare con i cap<strong>it</strong>ati lì per caso.<br />

Come con Farinacci, per esempio, un poveraccio entrato nel PNF per fame più che per fede,<br />

così chiamato perché cacciatore di frodo nella tenuta cremonese del gerarca fascista. Fin<strong>it</strong>o<br />

a Mauthausen per una strana ironia del destino che lo accomuna del resto a tanti altri ladri<br />

di galline, troverà in Primo come in altri pol<strong>it</strong>ici, quella comprensione e quella uman<strong>it</strong>à che<br />

gli permetteranno, in un certo senso, di riscattare quel passato infame. Quasi una forma di<br />

contrappasso fosse a regola di quel mondo capovolto.<br />

37 - Intervista a pag. 77. A conferma del fatto che il rifi uto volontario di pensare al cibo sia una caratteristica dei<br />

triangoli rossi pol<strong>it</strong>icamente più evoluti. Si veda anche l’attenta analisi psicologica proposta da Massimo Martini ne<br />

Il trauma della deportazione, Mondadori 1983, Collana Aned Ricerche, pag.65. Sul problema della deportazione si<br />

segnalano la ricostruzione storica e le testimonianze raccolte da Marco Minardi in: Tra chiuse mura, Deportazione<br />

e campi di concentramento nella provincia di Parma 1040-1945, Comune di Montechiarugolo 1987. Si rimanda<br />

inoltre agli atti del convegno tenutosi a Carpi nell’ottobre ‘85, ed<strong>it</strong>i nel 1987 da Cappelli.<br />

38 - Primo Levi, I sommersi ed i salvati, Einaudi Torino 1986, pagg..44-45.<br />

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