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PRIMO POLIZZI IL PRIGIONIERO CHE CANTA - liabarone.it

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Mi dicevi comunque che l’importante era non abbrutirsi. Facevi perciò il tuo<br />

esercizio quotidiano, ricordando i fi lm …<br />

Questo prima di addormentarmi, per perché avevo gli incubi notturni dovuti alla fame.<br />

E non pensavi al cibo?<br />

Anzi, lo ev<strong>it</strong>avo. Prima di addormentarmi cercavo di ricordare i fi lm, nella convinzione che<br />

addormentandomi avrei continuato a sognarli. Del resto sono sempre stato appassionato<br />

di cinema. Altrimenti pensavo a mio padre, l’unica persona che avrei potuto incontrare, dal<br />

momento che mia madre e la Lina erano in un campo femminile. Di notte mi svegliavo in preda<br />

a fortissimi dolori di stomaco. Forse ero già ammalato, o molto più probabilmente ero affamato.<br />

Era questo il risveglio da un incubo ricorrente: enormi micche di pane... pagnotte, rosette,<br />

grandi come macine di mulino che mi soffocavano, rotolandomi addosso.<br />

Quindi, non riuscivi a sognare trame di fi lm?<br />

No. Non le ho mai sognate.<br />

Negli ultimi attimi di veglia, su cosa ti concentravi? Sulla trama, su una s<strong>it</strong>uazione<br />

precisa o sulla musica?<br />

Me lo ricostruivo tutto.<br />

Mano a mano che ti concentravi, sera dopo sera, le immagini risultavano più<br />

n<strong>it</strong>ide?<br />

Erano sempre uguali.<br />

Ti ricordi quanti fi lm e quali?<br />

Ce n’era uno di Totò, in particolare, che non sono mai riusc<strong>it</strong>o a vedere sino alla fi ne.<br />

Nella realtà?<br />

Nella realtà. Era San Giovanni decollato. Con Mario, un amico, ero andato per tre sere consecutive<br />

al cinema. Ad un certo punto, immancabilmente, suonava la sirena. Chiudevano il cinema e noi<br />

dovevamo r<strong>it</strong>ornarcene a casa. Così, mentalmente rivedevo sempre quel pezzo iniziale.<br />

Oppure ricordavo delle canzoni.<br />

1944 manifestarono nei mercati rionali con il pretesto che mancava la verdura, oppure coloro i quali riferivano ad<br />

amici o vicini di casa le notizie ascoltate da Radio Londra e dalla “Voce dell’America” o, ancora, quanti rifi utavano<br />

il Servizio del lavoro o diffondevano giornaletti stampati (…). La deportazione pol<strong>it</strong>ica rappresentò in sostanza<br />

“un rischio diffuso”». Vennero pertanto deportati come pol<strong>it</strong>ici «ren<strong>it</strong>enti delle classi 1923, 1924, 1925, mil<strong>it</strong>i<br />

fascisti disertori, detenuti comuni in espiazione di pena o in attesa di giudizio, borsaneristi, sacerdoti e pastori,<br />

antifascisti emigrati in Francia prima della guerra e catturati dalla Gestapo nell’autunno 1943, mil<strong>it</strong>ari <strong>it</strong>aliani<br />

sotto processo, chiunque fosse sospetto di aiutare gli ebrei, prigionieri angloamericani evasi all’armistizio, profughi<br />

stranieri, ostaggi prelevati in luogo di un familiare che si era dato alla macchia, fuggiaschi dal Meridione presi<br />

ai posti di blocco». In particolare: «Fra i 209 <strong>it</strong>aliani liberati da Güsen nel 1945 c’erano 75 partigiani, 43 pol<strong>it</strong>ici,<br />

8 operai scioperanti, tre ebrei, sei ren<strong>it</strong>enti alla leva, due mil<strong>it</strong>ari, un arrestato per favoreggiamento di ebrei, un<br />

fi ancheggiatore di partigiani, due “liberi lavoratori”, un arrestato per sabotaggio, uno per rifi uto di lavoro, uno per<br />

detenzione di armi, uno per espatrio clandestino, uno per spionaggio, due per reati comuni, quattro per reati<br />

annonari e 14 “sospetti” fermati in un rastrellamento».<br />

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