29.05.2013 Views

PRIMO POLIZZI IL PRIGIONIERO CHE CANTA - liabarone.it

PRIMO POLIZZI IL PRIGIONIERO CHE CANTA - liabarone.it

PRIMO POLIZZI IL PRIGIONIERO CHE CANTA - liabarone.it

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Di quel gruppo, in quanti siete tornati?<br />

In due, io ed Angelo Bianchi.<br />

Poi ho fatto parte di diverse squadre di lavoro. Ho avuto la fortuna di essere stato abbastanza<br />

a lungo nel campo di Mauthausen.<br />

Perché parli di fortuna?<br />

Perché a Güsen sarebbe stato ancora peggio.<br />

A Mauthausen feci parte delle squadre che lavoravano alla cava. La cava di pietra, da dove<br />

noi, come gli schiavi dei romani, trasportavamo i blocchi su per una scalinata di un centinaio<br />

di gradini. Quella scalinata, dopo la guerra, l’hanno ricostru<strong>it</strong>a, ma allora era tutta sconnessa,<br />

anche perché si era formata naturalmente sotto la pressione e l’andirivieni dei nostri piedi.<br />

Arrivati, ammucchiavamo queste pietre, in un punto del campo. Il materiale veniva poi utilizzato<br />

per erigere le mura, per altro... o forse per niente. Lavorare alla cave era pericoloso, essendo<br />

questa scala a picco su uno strapiombo. Salivamo in fi la indiana ed i tedeschi si divertivano a<br />

buttarci giù …<br />

…e qualcuno ci restava.<br />

Parecchi. Molte volte gettavano il malcap<strong>it</strong>ato direttamente nel vuoto, altre volte lo spingevano<br />

all’indietro sulla scala, per cui se ne sfracellavano tre o quattro o cinque in un colpo solo...<br />

Quello che loro chiamavano il volo dell’angelo: «Ti faccio fare il volo dell’angelo!», dicevano (68) .<br />

Qualche volta, per fare il furbo, trasportai delle pietre piccole, fortunatamente me la cavai con<br />

delle botte, perché ero ormai vicino al mucchio, dove scaricavamo i blocchi.<br />

Quanto lavoravate?<br />

Dodici ore, diurne o notturne.<br />

Anche di notte? C’erano i fari?<br />

C’erano i fari. Di notte, comunque, lavoravamo fuori dal campo, in altri posti.<br />

A volte ci organizzavano per raccogliere i morti. Alla mattina, prima dell’appello, una squadra<br />

girava per le baracche e raccoglieva i morti, buttati fuori dalle fi nestre, da coloro che avevano<br />

pul<strong>it</strong>o le baracche. La squadra li metteva sul carretto e poi venivano contati. Che so: nella tal<br />

baracca cinquecento presenze, cento morti.<br />

Hai detto che si lavorava di giorno e di notte. Quando mangiavate?<br />

Di giorno, a mezzogiorno. Presumibilmente perché non avevo certo l’orologio. Una zuppa di<br />

tre quarti, un l<strong>it</strong>ro: sempre liquida perché quelle poche patate o rape che c’erano restavano<br />

sempre in fondo al bidone, a disposizione del Kapò …<br />

68 - È quello che nelle ricostruzioni storiche e nelle testimonianze viene defi n<strong>it</strong>o il volo del paracadutista: Bruno<br />

Maida, La camera a gas di Mauthausen, pag. 1; Elia Mondelli, La visione di mia madre mi ha aiutato a vivere,<br />

Laboratorio - Bollate (MI) – 2000, pag. 40. Si veda www.deportati.<strong>it</strong>, libri on line.<br />

76

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!