PRIMO POLIZZI IL PRIGIONIERO CHE CANTA - liabarone.it
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Certo.<br />
C’era in te la consapevolezza del susseguirsi di questi stadi?<br />
Però qualche cosa doveva pur rimanere dentro di te.<br />
Calavano le forze e con le forze …<br />
…anche l’orgoglio.<br />
Anche l’orgoglio, cioè, come dire…<br />
Subentrava un’altra forma di orgoglio che si identifi cava con la volontà estrema di<br />
sopravvivere, per non lasciare le ossa lì.<br />
La prima volta che mi sono ribellato al sistema, in modo un po’ infantile, stavamo lavorando<br />
lungo la ferrovia, non ricordo se a Linz od a Vienna. Sistemavamo i binari, utilizzando della ghiaia,<br />
che doveva essere pressata con un piccone pesantissimo. Logicamente si andava adagio. Un<br />
soldato tedesco, alto come me ma molto più grosso, mi fece notare che dovevo lavorare meglio.<br />
E per dimostramelo, prese il piccone, lo alzò, altissimo sulla testa, poi picchiò per terra due o<br />
tre volte. «Nichts essen, nichts arbe<strong>it</strong>en» gli risposi. E cioè «Se non mi dai da mangiare di più,<br />
io non posso lavorare di più». E fu quel dammidamagiaredipiù a farlo imbestialire a tal punto,<br />
da spaccarmi il manico del badile sulla schiena. Da quella volta cercai di schivare le botte più<br />
che potevo e non osai mai più rivolgere la parola ad un tedesco. Anche perché non sarebbe<br />
serv<strong>it</strong>o a niente.<br />
Un’altra volta, come ti ho già detto, un deportato cadde sotto una macchina. Mi precip<strong>it</strong>ai, per<br />
cercare di aiutarlo... e ammazzarono anche me di botte.<br />
Compresi allora a pieno che ciò che loro non volevano era che si creasse fra di noi la solidarietà.<br />
Tutto ciò, in quell’ambiente ed in quelle condizioni, fece sì che si sviluppasse in me come negli altri,<br />
quel senso egoistico di sopravvivenza, che ad un certo punto mi fece entrare nella convinzione<br />
che, se volevo farcela, dovevo crearmi una corazza attorno e non guardare più niente.<br />
Arrivai a questo punto. Ed era proprio a questo punto che loro ci volevano condurre e dove un po’<br />
tutti siamo arrivati. Sono stati rari coloro che si sono sacrifi cati per altri: certo, ci sono stati.<br />
Intendiamoci, però, la divisione della patata la facevo quando avevo la patata.<br />
Te l’imponevi?<br />
Diciamo che era nella mia natura. Davo del resto meno importanza al cibo che non alle botte.<br />
Né sono mai giunto, per la fame, a nutrirmi di porcherie.<br />
Non erano forse porcherie quelle che vi davano?<br />
Che vuoi, quelle perlomeno erano porcherie boll<strong>it</strong>e.<br />
Intendi allora dire che non cercavi nella terra?<br />
Tutt’altro. Ho mangiato anche radici: specialmente quando facevamo trincee attorno a<br />
Mauthausen, delle fosse profonde anche due metri. Sotto terra trovavamo appunto delle radici<br />
bianche, lunghissime, molto sugose, che, raschiate e pul<strong>it</strong>e, masticavo a lungo. Cercavo così di<br />
assorbire quel liquido per calmare la mia sete continua. Avevo sempre sete. A tal punto che, una<br />
volta, ho bevuto l’acqua del Danubio. Questa è stata la mia unica mattata, ma non ne potevo<br />
più. Probabilmente avevo anche la febbre, mi sono detto comunque: «morirò, ma bevo».<br />
Bevvi ad una vasca vicina al fi ume.<br />
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