Il triangolo 126362 di Primo. Per una miglior conservazione, il triangolo è stato fi ssato ad un cartoncino con del fi lo rosso. Sopra con la mat<strong>it</strong>a è stato scr<strong>it</strong>to il luogo (Mautkasen anziché Mauthausen) ed il numero. (archivio Primo Polizzi) A sinistra: il distintivo consegnato dagli americani a Primo ed agli altri deportati di Mauthausen. Sotto l’effi ge del triangolo rosso e del fi lo spinato spezzato, la data del giorno della liberazione del campo: 5 maggio 1945. (archivio Primo Polizzi) A destra: medaglia commemorativa, nel decennale della liberazione dei campi di sterminio. (archivio Primo Polizzi) 41
Nunquam victus ab hoste red<strong>it</strong> Mai vinto dal nemico, r<strong>it</strong>orna in patria. È il senso del motto latino che delim<strong>it</strong>a a losanga un cavallo alato, il logo della casa ed<strong>it</strong>rice Dauliana sulla prima di copertina de Il prigioniero che canta di Johan Bojer, nella edizione del 1929. Il volume, tanto vivo nei ricordi di Primo, uno dei pochi recuperati dopo la devastazione da parte dei fascisti dell’appartamento dei Polizzi, è stato rinvenuto casualmente da Laura, durante una delle nostre perlustrazioni sul fi lo della memoria, scartabellando tra le scartoffi e di un vecchio baule, probabilmente lo stesso che era stato sotterrato nell’orto. Ciò che restava della originaria biblioteca di Lina, nella primavera del 1985, a circa un anno dalla sua morte. Nunquam victus ab hoste red<strong>it</strong>. Anche Primo è r<strong>it</strong>ornato, per una di quelle inspiegabili coincidenze della v<strong>it</strong>a, che sembrano quasi sottintendere l’esistenza di un disegno preordinato dal destino. * * * L’arrivo a Parma. Dopo una rapida sosta in borgo Pipa, alla Casa del reduce per rifocillarsi, perché la fame è tanta e sembra non avere mai fi ne, all’alba di un giorno di fi ne giugno, attraverso le strade di una c<strong>it</strong>tà ancora addormentata. Il Ponte di Mezzo, l’Oltretorrente, via D’Azeglio, vicolo Santa Maria al numero 6. Poche rampe e si imbatte in una vicina: in casa non c’è nessuno. La corsa – probabilmente una camminata date le sue poche forze – all’Ospedale Maggiore, per riabbracciare la madre. «Gioia, commozione» sono state le sue sole parole, accompagnate da un generico «eccetera» carico di sottintesi, con le quali ha descr<strong>it</strong>to l’incontro. Poi la sua voce si è signifi cativamente abbassata e spenta. Non più per un silenzio voluto, quanto per la convinzione della inutil<strong>it</strong>à e della inadeguatezza delle parole ad un atto conclusivo che non è stato certo l’happy end di un copione, ma un momento tutto loro ed indicibile. Più che la fi ne di un incubo, l’inizio di una nuova v<strong>it</strong>a e di un nuovo – per certi aspetti ancor più doloroso – ordine di problemi. Poi fuori: un amico, i primi incontri. Quello con la madre di Sergio: l’impossibil<strong>it</strong>à di dirle il vero, se non con il disagio e l’imbarazzo. Trascorrerà a casa di An<strong>it</strong>a Barbieri un breve periodo. Grandi mangiate: conigli, tagliatelle fatte in casa con tantissime uova, densi, dolci zabaioni e lei sempre in giro per la campagna alla ricerca del cibo migliore per questo suo nuovo fi glio, tanto simile anche fi sicamente al suo Sergio. * * * Il r<strong>it</strong>orno alla v<strong>it</strong>a è uno strano miscuglio di sensazioni non amalgamate in rapporto alle s<strong>it</strong>uazioni, allo stupore ed alla incredul<strong>it</strong>à che vede dipingersi sul volto delle vecchie conoscenze o nei volti anonimi della strada. Reazioni le sue ben diffi cili da defi nire con le parole e tuttavia, n<strong>it</strong>idissime nel ricordo: commozione, imbarazzo, sol<strong>it</strong>udine. Ed ancora, indipendentemente dalle emozioni susc<strong>it</strong>ate da questi incontri più o meno casuali, una condizione strana, costante e connaturata ad ogni attimo del suo mangiare, dormire, sognare, uscire, rientrare: non è pace, non è felic<strong>it</strong>à, non è tristezza, non è sbigottimento, ma è un poco di tutto questo, anche come forma di reazione psicologica alla spossatezza che lo pervade. 42
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la stessa fame. Devo ammettere che