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Compendio di storia della scrittura latina. Paleografia ... - Gregoriana

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6. Gli strumenti per scrivere e gli scrittori<br />

Gli strumenti per scrivere sono in stretto rapporto con la materia scrittoria. Per la<br />

<strong>scrittura</strong> a sgraffio poteva servire qualsiasi arnese acuminato (<strong>di</strong> metallo, legno, o<br />

avorio). Sul papiro o sulla pergamena si scriveva con inchiostro, adoperando il calamo o<br />

la penna volatile (quasi sempre d’oca). Il calamo (κάlαμoσ) era una cannuccia flessibile,<br />

appuntata me<strong>di</strong>ante un temperino; la punta si <strong>di</strong>videva in due per mezzo <strong>di</strong> un taglio<br />

(come i nostri pennini <strong>di</strong> metallo). Essa poteva essere acuminata o larga, in particolare<br />

per scrivere scritture librarie e far risalire i contrasti fra le parti ingrossate e quelle fine<br />

delle lettere. Dal sec. IV, accanto al calamo, apparve la penna d’oca -talvolta <strong>di</strong> cigno-,<br />

conciata e temperata allo stesso modo del calamo. La penna non eliminò il calamo<br />

durante il me<strong>di</strong>oevo 73 .<br />

L’inchiostro è <strong>di</strong> regola nero, donde il nome atramentum (> ater). La parola italiana<br />

inchiostro è d’origine greca (Σνκάυστoν = impresso a fuoco; poi, tinta rossa molto fine<br />

usata dagli imperatori bizantini per sottoscrivere lettere e decreti). Era preparato con la<br />

fuliggine e la gomma.<br />

Nel me<strong>di</strong>oevo si preparavano gli inchiostri a base <strong>di</strong> vetriolo ed acido gallico (dalla<br />

noce <strong>di</strong> galla, escrescenze che nascono sui rami <strong>della</strong> quercia e <strong>di</strong> altri alberi) 74 . Siccome<br />

ogni scrivano preparava l’inchiostro per sè, l’intensità del nero variava secondo il<br />

dosaggio <strong>di</strong> ciascun ingre<strong>di</strong>ente, più nero se predominava il vetriolo; più rossiccio, se<br />

predominava l’acido gallico. Talvolta (e ciò avvenne in particolare alla fine del<br />

Cinquecento e durante il Seicento) il contenuto acido dell’inchiostro era così forte da<br />

corrodere la carta.<br />

Le firme degli imperatori bizantini -e poi dei loro imitatori- erano in rosso. Questo<br />

colore si usava nei co<strong>di</strong>ci per far risalire i capoversi ed i titoli dei capitoli (rubriche).<br />

L’inchiostro rosso si otteneva con minio o cinabro (solfuro <strong>di</strong> mercurio), minerale che si<br />

trova, per esempio in Almadén –Spagna-, oppure nel Monte Amiata –Italia-. Il rosso si<br />

usava anche per l’ornamentazione dei manoscritti, per le miniature.<br />

La lettera iniziale <strong>di</strong> ogni capitolo era, talvolta, miniata. In tal caso, erano usati i<br />

colori rossi e azzurri in successione alternata. Gli inchiostri d’oro e d’argento servivano<br />

per scrivere i co<strong>di</strong>ces purpurei.<br />

Tra gli strumenti usati dagli scribi ricor<strong>di</strong>amo: il ligniculum, una specie <strong>di</strong> regolo per<br />

tirare le righe; il circinus o punctorium, compasso che serviva per assicurare<br />

l’equi<strong>di</strong>stanza delle righe; in sostituzione del compasso si adoperò più tar<strong>di</strong> una piccola<br />

rotella avente la parte esteriore a punti ecqui<strong>di</strong>stanti. Per tenere fermo il foglio senza<br />

appoggiare sopra <strong>di</strong> esso la mano, si usava il coltello; esso stesso serviva per temperare<br />

le cannucce o le penne, anche per raschiare lettere o parole sbagliate. La spugna si<br />

adoperava per cancellare, lavando, le parti erroneamente scritte, prima che la <strong>scrittura</strong> si<br />

prosciugasse 75 .<br />

73 Il termine calamaio (calamarium) significava originariamente un vaso dove deporre le cannucce (i<br />

calami), poi le penne, infine anche il luogo da contenere l’inchiostro.<br />

74 Ecco una ricetta me<strong>di</strong>oevale per preparare l’inchiostro: «Recipe gallas et contere minute in<br />

pulverem, funde desuper aquam pluvialem vel cerevisiam tenuem et impone vetriolo, quantum sufficit<br />

iuxta extimationem tuam, et permitte sic stare per aliquot <strong>di</strong>es, et tunc cola per pannum et erit incaustus<br />

bonus. Et si vis, tunc impone mo<strong>di</strong>cum de gummi arabico, et calefac mo<strong>di</strong>cum circa ignem, et solus<br />

incaustus tepidus fiat, et erit incaustus bonus et indelebilis, super quocumque cum eo scribas». Cita P.<br />

EBERT, Zur Handschriftenkunde, Leipzig 1925, p. 34.<br />

75 Cfr. J. DESTREZ, «L’outillage des copistes du XIII e et XIV e siècles», in Aus der Geisteswelt des<br />

Mittelalters (Festschrift M. Grabmann), Münster 1935, pp. 19-34.<br />

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