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80 Giuseppe Pezzino<br />
tributi o si considerasse dispensato dal rendere il debito onore alle autorità<br />
che esercitano funzioni pubbliche». Ma, per il Vescovo di Ippona, cadrebbe<br />
in un errore ancor più grave quel cristiano che pensasse di dover<br />
assoggettare all’autorità politica anche i princìpi e le questioni della fede<br />
religiosa e della coscienza morale:<br />
È un richiamo giustissimo motivato anche dal fatto che quando uno diventa<br />
cristiano è chiamato dal Signore alla libertà. In base a ciò potrebbe inorgoglirsi<br />
e pensare che durante il cammino della <strong>vita</strong> presente sia dispensato dal rispettare<br />
l’ordine stabilito e non doversi più assoggettare alle autorità superiori, alle<br />
quali sia pur temporaneamente è stato assegnato [da Dio] il governo delle realtà<br />
temporali. Essendo infatti l’uomo un composito di anima e di corpo, finché viviamo<br />
in questo mondo, per mantenerci in <strong>vita</strong> ci serviamo come mezzi anche<br />
delle cose materiali. Per quel tanto dunque che riguarda la <strong>vita</strong> presente, dobbiamo<br />
essere sottomessi alle autorità, cioè a coloro che amministrano le cose<br />
umane riscuotendone il debito onore. Il rovescio è della nostra fede in Dio e<br />
della nostra chiamata al suo regno. Qui non ci dobbiamo considerare soggetti a<br />
nessun uomo, specie se pretendesse di sovvertire quel che Dio s’è degnato donarci<br />
in ordine alla <strong>vita</strong> eterna. Sarebbe pertanto in grave errore quel cristiano<br />
che, appunto per essere cristiano, ritenesse di non dover pagare le imposte o i<br />
tributi o si considerasse dispensato dal rendere il debito onore alle autorità che<br />
esercitano funzioni pubbliche. Cadrebbe tuttavia in un errore ancor più grave<br />
colui che pensasse di doversi talmente assoggettare all’autorità, che occupa un<br />
posto preminente per amministrare le cose temporali, da riconoscerle un potere<br />
anche sulla propria fede. Occorre rispettare i limiti fissati dallo stesso nostro Signore<br />
quando ordinò di rendere a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che<br />
è di Dio. Sebbene <strong>qui</strong>ndi chiamati al regno dove non contano nulla le autorità<br />
di questo mondo, tuttavia finché siamo in via e non ancora arrivati a quel mondo<br />
dove sarà tolto di mezzo ogni comandante e potestà, dobbiamo accettare<br />
con pazienza la nostra condizione, stando all’ordine costituito per le realtà umane.<br />
Non dobbiamo agire con sotterfugi ma nel nostro comportamento rispettare<br />
non tanto gli uomini quanto Dio che dà tali precetti 42 .<br />
Su questa linea neotestamentaria prende lo slancio l’ammonimento di<br />
Ratzinger, indirizzato sia alla Chiesa sia allo Stato, a non dimenticare non<br />
solo la distinzione che intercorre fra il debito verso Cesare e il debito verso<br />
Dio, ma soprattutto il primato cristiano dei valori della città celeste ri-<br />
42 Agostino, Questioni sulla Lettera ai Romani, 64.