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qui - maria vita romeo

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“pronto soccorso” a cui rivolgersi solo in<br />

situazioni estreme, come quelle che<br />

esemplificano il dominio dell’etica applicata<br />

(una su tutte, l’eutanasia), perlomeno<br />

in relazione ai “fattori reali” che<br />

hanno dato impulso alla sua “affermazione<br />

culturale e sociale”. Ora, che<br />

l’esperienza etica individuale necessiti di<br />

essere orientata, ed eventualmente riorientata,<br />

dalla filosofia morale, emerge<br />

dalla distinzione tra ēthos ed etica – distinzione<br />

che si sovrappone, certo non<br />

senza sbavature, a quella che Aldo Masullo<br />

(Filosofia morale, Roma, Editori<br />

Riuniti, 2006) opera tra morale reattiva<br />

ed etica strictu sensu – ovvero tra i costumi,<br />

le abitudini e le consuetudini del<br />

gruppo di appartenenza, da un lato, e la<br />

kritiké téchnē della loro legittimità morale,<br />

dall’altro: in base ai tre nuclei semantici<br />

racchiusi nel termine ēthos, «la coscienza,<br />

dimorando presso l’ēthos (1), ne<br />

assume i costumi e le consuetudini (2);<br />

così facendo essa costruisce e plasma il<br />

proprio essere, il proprio carattere (3)»<br />

(p. 8). Se si accostasse, allora, alla distinzione<br />

filosofico-morale tra ēthos ed etica<br />

quella filosofico-politica tra approccio<br />

realistico e approccio normativo, non si<br />

tarderebbe a notare che Da Re non rinuncia<br />

al pronunciamento filosofico sul<br />

dover essere, tuttavia assicurando l’etica<br />

dal rischio di qualificarsi come mero attributo,<br />

posticcio ed estrinseco, dell’ē -<br />

thos, con l’identificazione dell’ēthos stesso<br />

quale radice originaria dell’etica.<br />

In base alla “duplice intenzionalità”<br />

dell’etica, è possibile considerare l’opera<br />

come idealmente divisa in due sezioni:<br />

la prima, comprendente i capitoli 1 e<br />

Spigolature 87<br />

2, tematizza l’intenzionalità soggettiva,<br />

mentre la seconda, comprendente i successivi<br />

sei capitoli, tematizza l’intenzionalità<br />

riflessiva, la quale non può che ritagliarsi<br />

uno spazio più ampio nell’economia<br />

complessiva dell’opera, data la finalità<br />

segnatamente filosofico-morale,<br />

invece che antropologica o sociologica,<br />

della stessa. Nello specifico, nella prima<br />

sezione l’Autore connette l’esperienza<br />

cognitiva, assiologica ed emotiva del<br />

soggetto alla sua esperienza etica, in particolare<br />

alle modalità di questa esperienza:<br />

il soggetto può conformarsi all’ēthos<br />

come un solido si lascia rivestire, anzi<br />

costituire, dalla sua superficie; oppure<br />

può fare dell’esperienza etica il punto<br />

d’intersezione di una tangente che dall’ēthos<br />

diverge per sperimentarne nuove<br />

forme.<br />

Una volta introdotta in via preliminare<br />

l’ormai classica bipartizione dei livelli<br />

dell’etica (livello metaetico e livello<br />

normativo) – che è, in realtà, una tripartizione,<br />

se si considera anche l’etica applicata<br />

– la seconda sezione estrapola dal<br />

dibattito etico contemporaneo le più rilevanti<br />

(e inflazionate?) tematiche: il<br />

programma di naturalizzazione dell’etica,<br />

ovvero «il tentativo di comprendere<br />

la realtà morale, il comportamento pratico<br />

e i giudizi di valore morale attraverso<br />

una descrizione e una spiegazione basate<br />

su metodi, concetti, dati, ac<strong>qui</strong>sizioni<br />

desunti dalle scienze naturali» (p.<br />

122); la mal posta dicotomia universalismo/relativismo,<br />

che va piuttosto riposta<br />

innestando sull’eredità hegeliana<br />

l’immagine, che si deve a Todorov, del -<br />

l’universalismo come “quadro di riferi-

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