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qui - maria vita romeo

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84 Spigolature<br />

la seconda è l’aspetto per cui essa si impone<br />

in virtù della propria legalità (o,<br />

meglio ancora, legittimità: cfr. p. 176 n.<br />

48). Nessuno dei due può mai essere eliminato<br />

completamente, e la contemperazione<br />

tra i due è la ricetta – se così si<br />

può dire – cui il filosofo tedesco affida la<br />

riuscita delle forme di socialità umane.<br />

Grande è però il rischio, per la società,<br />

che una delle due prenda il sopravvento<br />

– e ancora più grande, per lo studioso,<br />

quello di assolutizzarne una, e ridurre<br />

l’altra a una sorta di “grado zero” della<br />

prima. Personaggi come Wittgenstein o<br />

Bourdieu, per esempio, potrebbero essere<br />

ricondotti a un primato della Faktizität:<br />

lo «strato di roccia dove la vanga si<br />

piega» (Ricerche filosofiche, § 217) o «l’ordine<br />

delle cose» mi sembra che siano riconducibili<br />

a tale elemento.<br />

Il tentativo di Habermas, invece (cfr.<br />

pp. 50 sgg.), è quello di mettere d’accordo<br />

Marx con Peirce, cercando nell’intersoggettività<br />

linguistica «una comune radice<br />

normativa dell’esperienza che interessi<br />

le componenti sia cognitive, sia<br />

prassiche» (p. 16). Per questo motivo il<br />

circuito eorein-Prattein-Legein viene<br />

articolato, appunto, come un circuito,<br />

legato a tre tipi di interesse: tecnico-strumentale,<br />

pratico ed emancipativo. A quest’ultimo<br />

è legato il tentativo di cambiare<br />

e migliorare le regole, quando esse si<br />

dimostrino oppressive per alcuni di coloro<br />

che sono ad esse soggetti. Si tratta<br />

di una sorta di eredità della scuola di<br />

Francoforte, che sembra una delle versioni<br />

più convincenti dell’affermazione<br />

di una natura politica della scienza (e<br />

forse non solo di quella umana e sociale)<br />

– per quanto il fattore del conflitto vi<br />

appaia già in qualche modo “neutralizzato”<br />

da quello dell’intesa.<br />

Ma l’interesse emancipativo trova la<br />

sua condizione di possibilità nel fatto<br />

che le regole non sono sempre le stesse,<br />

e il loro variare è da un lato ancorato a<br />

vincoli biologico-antropologici (cfr. pp.<br />

78 sgg.), e dall’altra ha una <strong>vita</strong> – nel<br />

senso in cui Ferdinand de Saussure parlava<br />

di <strong>vita</strong> semiologica – che si sviluppa<br />

nel campo regolato da Faktizität e Geltung.<br />

Questa <strong>vita</strong> è una <strong>vita</strong> pubblica,<br />

come per la lingua hanno mostrato lo<br />

stesso Saussure e Wittgenstein (per cui<br />

cfr. pp. 112 sgg.). In questo senso, si può<br />

riscontrare anche in Habermas un’analisi<br />

dell’idea di un “linguaggio privato” –<br />

che non è però totalmente sovrapponibile<br />

a quella wittgensteiniana; ma soprattutto,<br />

vi si trova una polemica contro<br />

la concezione di un Gattungsubjekt,<br />

un “soggetto totale”, una “supermente”,<br />

che vorrebbe in qualche modo aggirare<br />

l’intersoggettività e la fatica della interazione<br />

dialogica (e diventa il terreno più<br />

fertile per le derive totalitarie). La pars<br />

construens corrispondente è affidata alla<br />

magistrale analisi di G. H. Mead, che ricostruisce<br />

la genesi (onto- e filogenesi)<br />

incrociata dell’intersoggettività, dell’identità<br />

personale e del linguaggio (pp.<br />

120 sgg.).<br />

Proprio la prospettiva meadiana si rivela<br />

la carta vincente per e<strong>vita</strong>re antropomorfizzazioni<br />

indebite del sistema o<br />

fughe nell’individualità, ponendo l’intersoggettività<br />

come condizione della soggettività<br />

(non solo e non tanto nel senso<br />

per cui la pone in essere, ma soprattutto

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