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82 Giuseppe Pezzino blemi terreni, ma addirittura lavorare veramente bene per lasciare questa terra in condizioni migliori di come le abbiamo trovate. La destinazione all’altra patria non aliena, bensì è in realtà il presupposto a che noi – e gli Stati in cui viviamo – si possa prosperare, conservandosi essenzialmente “sani”. […] Se non vogliamo cadere di nuovo preda del totalitarismo, dobbiamo alzare lo sguardo e guardare più in alto che lo Stato, che è una parte e non la totalità. La speranza nei cieli non è nemica della fedeltà alla terra: è speranza anche per la terra. Confidando in ciò che è più grande e definitivo, noi cristiani possiamo e dobbiamo infondere la speranza anche in ciò che è provvisorio, nella dimensione politica e nella sfera delle istituzioni 46 . 46 Ivi, p. 76.
Emanuele Fadda Normatività e intersoggettività linguistica Il premio intitolato alla memoria di Vittorio Sainati, che si svolge a Pisa, seleziona ogni anno una tesi di dottorato di argomento filosofico particolarmente meritevole, per la pubblicazione presso la casa editrice ETS. Il lavoro scelto nel 2009 ha ad oggetto Jürgen Habermas e la definizione della normatività, ed ha come primo elemento di originalità – rispetto ad altre ricerche dedicate a questo autore – quello di essere una tesi di dottorato in filosofia del linguaggio. Sebbene, infatti, la nozione di (struttura del l’)inter sog get tività linguistica sia generalmente riconosciuta come cardine della teoria habermasiana, raramente essa ha catturato davvero l’attenzione degli specialisti (se mai può o deve esserci uno specialismo, in filosofia) del settore. Se una delle più grandi intuizioni di Habermas era stata quella di chiamare in causa la tradizione analitica, ma soprattutto la filosofia del linguaggio ordinario che si era sviluppata dall’eredità di Wittgenstein, per spiegare i meccanismi di regolazione sociale, la scommessa dell’autrice è invece quella di verificare e ripensare la nozione di “intesa linguistica” partendo dal linguaggio e dall’indagi- ne su linguaggio e natura umana che permea larghi settori della filosofia del linguaggio contemporanea, in maniera trasversale rispetto alle opposizioni (analitici vs. continentali, e all’interno di questi ultimi strutturalisti, ermeneuti, postmodernisti ecc.) con cui si usa articolare questo come altri campi degli studi filosofici. E le poste in gioco di quest’operazione, secondo l’avviso di chi scrive, sono fondamentalmente due: da una parte, la possibilità di rendere conto – in una teoria che fonda la normatività sulla prassi linguistica – del conflitto tanto quanto della cooperazione; dall’altra, la comparazione tra la normatività propria della prassi linguistica e quella socio-politica, per mostrare se e in che modo la seconda possa essere derivata dalla prima, e se davvero questa contenga in sé degli antidoti a quelli che sono i rischi di collasso delle norme di convivenza umana. In entrambi i casi, il punto di partenza è dato dalla dialettica tra le due dimensioni della normatività, che Habermas chiama Faktizität e Geltung. La prima è l’imporsi della regola, come fatto coercitivo, a chi la deve osservare, mentre
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