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Maria Vita Romeo Uno studio su Pascal Non abbiamo più dubbi nell’affermare che la rinascita degli studi pascaliani in Italia sia ormai, da dieci anni a questa parte, una realtà stabile e continua, a conferma che i tempi sono ormai maturi per sciogliere ogni pregiudiziale riserbo nei confronti di un génie capace di spaziare dalla matematica alla filosofia, dalla fisica alla teologia, dalla meccanica all’esegesi biblica. Ebbene, all’interno di questa rinascita si colloca a pieno titolo il Pascal di Alberto Peratoner, un lavoro che è qualcosa di più di un’introduzione al pensiero del filosofo di Clermont- Ferrand: è un vero e proprio manuale d’istruzioni, ben articolato, che guida il lettore con mano sicura nell’affascinante universo pascaliano. Nel Pascal di Peratoner troviamo infatti «un excursus mirante a focalizzare i momenti determinanti di formazione della coscienza filosofica dell’autore e dell’affermarsi delle sue peculiarità strutturali secondo una stratificazione progressiva» (p. 15), che va inevitabilmente dall’analisi del Pascal scienziato a quella dell’uomo di fede, senza mai perdere di vista l’autentico volto di Pascal che si serve di tutte le sue esperienze come di arnesi preziosi per provare a scoprire quel “mostro incomprensibile” che è l’uomo. Così, se viene dedicato un intero capitolo al Pascal scienziato, matematico di prim’ordine e fisico eccellente, è al Pascal pensatore che Peratoner dedica più attenzione, non esitando per ciò a mostrare l’inattendibilità di quei giudizi sull’esistenza di un “doppio” Pascal fondati su certe “leggende” diffuse dalla famiglia e a cui hanno dato un contributo decisivo le opinioni distorte dell’età dei Lumi e del periodo romantico. Interessantissimo è il capitolo dedicato al rapporto tra Pascal e l’ambiente di Port-Royal, ove il cattolicesimo agostiniano del cosiddetto giansenismo ha senza dubbio contribuito alla formazione teologica e filosofica di Pascal, come testimoniano alcune opere legate a questo periodo: L’Entretien avec M. De Sacy e L’Abrégé de la vie de Jésus-Christ. All’interno dello stesso capitolo, uno spazio a parte viene dedicato alle Lettres Provinciales e alla Suite des Provinciales, attraverso le quali Pascal, nel biennio che va tra il 1656-57, ha potuto dar pro-
va di quella razionalità limpida a cui l’esperienza scientifica l’aveva formato. In effetti le Provinciali non sono, come sottolinea Peratoner, né il «contributo di un polemista di vaglia», né «l’apporto di un esperto teologo», che di contro darà prova delle sue conoscenze teologichedogmatiche negli Scritti sulla grazia, opera ove Pascal, lontano dal clima polemico che avvolge la stesura delle Petites Lettres, affronta con più libertà e serenità la questione della grazia e dei problemi ad essa connessi. Dall’analisi completa delle opere pascaliane, Peratoner fa notare la chiarezza dello stile di Pascal, la cui «qualità artistica […] è di altissimo livello» grazie soprattutto alla «grande versatilità e plasticità di una scrittura, che di volta in volta sa assumere la forma più opportuna alla materia trattata, suscitando un alto grado di coinvolgimento nel lettore e finendo col fare convergere, sino alla coincidenza, forma e contenuto» (p. 165). Questa concretezza espressiva cara a Pascal mostra, secondo Peratoner, la distanza tra il Nostro ed alcuni esponenti di Port-Royal, i quali rifuggivano dalla concretezza al punto da risultare incapaci di apprezzare il valore stilistico delle Pensées, che vennero ampiamente rimaneggiate, tradendo così il valore stilistico del «fondatore della prosa francese» (p. 166). A proposito delle Pensées, Peratoner ci offre una dettagliata analisi di quest’opera, la cui incompiutezza ha dato origine, nell’arco di tre secoli, a tantissime edizioni tutte dirette a tentare di ricombinare, in vari modi e con spiega- Spigolature 91 zioni diverse, l’ordine dei frammenti. Così Peratoner, dopo aver proposto una «ragione architettonica delle Pensées» – già d’altra parte ampiamente analizzata nel suo Blaise Pascal. Rivelazione e Fondazione dell’etica (Venezia, 2002) –, giunge all’inevitabile riconoscimento che la «struttura generale della monumentale architettura pascaliana risponde all’esigenza logica ed epistemologica di trovare adeguata spiegazione alla configurazione problematica dello statuto antropologico – riscontrato su base fenomenologica –, in quanto plesso esperienziale complesso effetto da contrariétés» (p. 218). I Pensieri – la cui “prima parte” viene dedicata alla Miseria dell’uomo, miseria che si risolve nella “seconda parte” dedicata alla Felicità dell’uomo con Dio – esprimono “un’articolata prova antropologica della verità del Cristianesimo”, religione che Pascal, con un rigore razionale di ovvia ispirazione scientifica, dimostra essere l’unica capace di risolvere l’enigma uomo. Si giunge così inevitabilmente all’etica pascaliana «punto di arrivo e di sintesi, luogo di realizzazione e compimento pratico della realtà, indagata e conosciuta, di Dio, del mondo e dell’uomo» (p. 243). La morale è dunque “l’esito, il cuore di tutto”; essa è infatti caratterizzata da una forte prospettiva eudemonistica, che risponde d’altra parte all’architettura dell’Apologie stessa, ove la felicità dell’uomo con Dio si presenta come una macrostruttura che informa l’intera argomentazione apologetica. A ragione, dunque, si parla di un primato della morale testimoniato dal vissuto esperienziale dello
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