opuscolo L'OSPITALITÀ DELL'ABATE 04-2007.indd - IPSSAR Berti ...
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L’ospitalità dell’Abate<br />
Accompagno volentieri la presente pubblicazione, momento di sintesi del progetto<br />
didattico “l’ospitalità dell’Abate” dell’Istituto dell’IPSAR “A. <strong>Berti</strong>” della sede associata<br />
di Soave.<br />
La figura dell’Abate (da abbà, parola di origine siriana e aramaica, che significa “padre”)<br />
ha rivestito per molti secoli un ruolo di primissimo piano, anche nel territorio scaligero.<br />
L’Abate è innanzitutto un capo spirituale. Egli, dovendo rappresentare la paternità<br />
di Dio, ammaestra i monaci come un padre fa con i suoi figli. A lui spetta dirigere, in<br />
qualità di capo supremo, la comunità monastica, governandola in tutti i suoi aspetti, spirituali<br />
e materiali. È il pater familias, pronto a reggere con piena autorità i suoi monaci,<br />
i quali gli devono riverenza, affetto e obbedienza. Eletto a vita, l’Abate dirigeva l’abbazia,<br />
realtà dinamicamente articolata e per molti aspetti autosufficiente. Era formata da un<br />
complesso di edifici a disposizione della vita della comunità (la chiesa, i chiostri, la sala<br />
capitolare, …) e della cultura (lo scriptorium, la biblioteca, l’orto con le erbe officinali,<br />
la farmacia, la foresteria per gli ospiti).<br />
Le abbazie furono per secoli centri di irradiazione evangelica per le popolazioni, con<br />
un preciso spazio per il lavoro agricolo e intellettuale. Al loro interno venivano gelosamente<br />
conservati libri, ricette, processi di lavorazione. Venivano formate personalità<br />
capaci di trasmettere e di produrre cultura, nei modi più svariati: conservazione dei classici<br />
della letteratura, duplicazione della Bibbia, composizione di farmaci, realizzazione<br />
di nuove colture, diffusione di un’alimentazione più ricca e bilanciata. Ogni abbazia era<br />
un microcosmo, in sintonia con l’universo circostante. Godeva grande autonomia, senza<br />
essere un hortus conclusus. Era un complesso organismo vivente, integrato col territorio,<br />
in grado di dare conoscenze, di incentivare tecniche agricole, di produrre cultura.<br />
Il progetto “l’ospitalità dell’Abate” ha permesso alle diverse componenti scolastiche<br />
di affrontare un importante frammento della civiltà veronese, collocando sotto lente un<br />
aspetto peculiare: la mensa e l’ospitalità del tempo lontano in cui l’abbazia irradiava luce<br />
nel mondo circostante. L’armonico dispiegarsi di capacità, conoscenze, abilità e interessi,<br />
ha favorito la realizzazione, in una modalità corale, di un progetto che merita tutto il<br />
nostro apprezzamento.<br />
Siamo grati agli studenti del “<strong>Berti</strong>” perché, con la loro ricerca e il loro impegno, ci<br />
hanno permesso di gustare il variegato mondo dell’abbazia, elemento di primo piano<br />
della cultura della ricezione e dell’ospitalità.<br />
Prof. don Maurizio Viviani<br />
Direttore dell’Ufficio Scuola della Diocesi di Verona