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IBI 40 Supplemento 1 (2008) - Gruppo Flora Alpina Bergamasca

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112 INFORMATORE BOTANICO ITALIANO, <strong>40</strong> SUPPL. 1, <strong>2008</strong><br />

<strong>Flora</strong> da conservare: implementazione delle categorie e dei criteri IUCN (2001) per la redazione di nuove Liste Rosse<br />

Sarcopoterium spinosum (L.) Spach<br />

D. GARGANO, G. FENU, P. MEDAGLI, S. SCIANDRELLO e L. BERNARDO<br />

Nomenclatura:<br />

Specie: Sarcopoterium spinosum (L.) Spach<br />

Sinonimi: Poterium spinosum L.<br />

Famiglia: Rosaceae<br />

Nome comune: Spinaporci<br />

Descrizione. Arbusto nano con giovani getti tomentosi,<br />

rami laterali afilli e spinescenti; foglie imparipennate<br />

con 9-15 segmenti ovati; fiori unisessuati, i<br />

femminili disposti nella porzione superiore ed i<br />

maschili (con 10-30 stami) in quella inferiore di<br />

capolini lunghi fino a 3 cm; calici caduchi, verdastri<br />

con 4 denti (PROCTOR, 1968; PIGNATTI, 1982).<br />

Biologia. Si tratta di una nanofanerofita che in<br />

Italia fiorisce nel periodo marzo-maggio<br />

(PIGNATTI, 1982). La produzione annuale di semi<br />

è normalmente assai elevata così come i tassi di germinazione<br />

(TORNADORE MARCHIORI et al., 1978;<br />

HENKIN, 1994). Comunque la mortalità tra le<br />

plantule è estremamente alta e ben poche di esse<br />

sopravvivono alla seconda estate (HENKIN et al.,<br />

1999). Perciò, si può ritenere che le possibilità di<br />

colonizzazione e persistenza siano essenzialmente<br />

legate alle capacità clonali della pianta (SELIGMAN,<br />

HENKIN, 2002).<br />

Ecologia. Nella porzione orientale del proprio areale<br />

distributivo, S. spinosum domina un ampio spettro di<br />

habitat (EIG, 1946; ZOHARY, 1973), ben sopportando<br />

regimi di elevato disturbo (LITAV, ORSHAN,<br />

1971). In Italia, al contrario, la specie appare generalmente<br />

confinata a formazioni di gariga o macchiagariga<br />

che rappresentano residui di vegetazione<br />

costiera, anche in zone peristagnali o di sedimenti di<br />

fiumara fissati (GEHU et al., 1984; BARTOLO et al.,<br />

1986; BIONDI, MOSSA, 1992; BIONDI et al., 1994;<br />

BRULLO et al., 1997). In Sicilia la pianta colonizza<br />

anche aree collinari più interne, come codominante<br />

in formazioni tipo “frigana” (BARBAGALLO et al.,<br />

1979), la cui espansione è favorita da incendi ed<br />

abbandono dei pascoli.<br />

Distribuzione in Italia.<br />

Regione biogeografica: seguendo PEDROTTI (1996), le<br />

stazioni di S. spinosum rientrano nella regione biogeografica<br />

Mediterranea, ad esclusione della stazione<br />

storica di Tivoli (PIGNATTI, 1982) che, probabilmente,<br />

ricade nella provincia dell’Appennino della regione<br />

Eurosiberiana.<br />

Regioni amministrative: in base a CONTI et al. (2005)<br />

l’areale italiano include Lazio, Puglia, Basilicata,<br />

Calabria, Sicilia e Sardegna.<br />

Numero di stazioni: nel Lazio risulta una sola stazione<br />

dove, comunque, la specie non è più rinvenuta da<br />

tempo (PIGNATTI, 1982). Per la Puglia sono note 4<br />

stazioni, ma in 3 di esse la pianta risulta scomparsa<br />

(CANIGLIA et al., 1974). Lungo la costa ionica settentrionale<br />

della Calabria la pianta è presente in maniera<br />

assai discontinua con ridotti popolamenti (a volte<br />

un unico cuscino), tra Rocca Imperiale e Villapiana<br />

Scalo, mentre da tempo non è più rinvenuta nell’area<br />

del crotonese indicata da CANIGLIA et al. (1974). In<br />

Sardegna sono note 2 stazioni, in una delle quali S.<br />

spinosum risulta ormai scomparso. Nella Sicilia sudorientale<br />

la specie è invece presente in maniera tutto<br />

sommato continua, in una fascia che include Capo<br />

Passero, i Monti Climiti e i Monti Iblei. Infine, le<br />

recenti ricerche di campo non condotto al rinvenimento<br />

di alcun sito attuale di S. spinosum in<br />

Basilicata, rendendo necessarie ulteriori indagini in<br />

tale regione.<br />

Tipo corologico e areale globale. S. spinosum può<br />

essere considerata specie a corologia SE-Mediterranea<br />

(PIGNATTI, 1982). Probabilmente ha avuto come<br />

centro d’origine l’area di confine tra regione<br />

Mediterranea ed Irano-Turanica, per poi diffondere<br />

verso occidente (LITAV, ORSHAN, 1971; ZOHARY,<br />

1973). Oggi, oltre che nelle aree medio-orientali<br />

(Siria, Libano, Israele) ed in Italia, la specie è presente<br />

in Turchia, Creta, Grecia, Albania e Dalmazia<br />

(PROCTOR, 1968), mentre in Nord Africa è segnalata<br />

per la Tunisia (MARTINOLI, 1969).<br />

Minacce. In alcuni casi (per esempio la stazione<br />

pugliese presso la Palude del Capitano) esistono problemi<br />

relativi alla dinamica vegetazionale (Minaccia<br />

8.1: “Changes in native species dynamics-Competitors”),<br />

che pare favorire l’espansione delle specie della mac-

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