la malattia celiaca in medicina generale - Associazione Italiana ...
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PREVENZIONE DELLA CELIACHIA<br />
IMPORTANZA DELL’EPOCA<br />
DI INTRODUZIONE DEL GLUTINE<br />
ED ALTRI FATTORI RILEVANTI<br />
Carlo Catassi, Giuseppe Iacono *<br />
Istituto di Scienze Materno-Infantili, Università Politecnica delle Marche, Ancona e Center For Celiac Research,<br />
University of Mary<strong>la</strong>nd School of Medic<strong>in</strong>e, Baltimore (USA); * Divisione di Gastroenterologia Pediatrica,<br />
Ospedale pediatrico “Di Crist<strong>in</strong>a”, Palermo<br />
F<strong>in</strong>o a qualche anno fa, l’ipotesi di una prevenzione<br />
primaria del<strong>la</strong> celiachia sarebbe apparsa<br />
del tutto fantascientifi ca. Al<strong>la</strong> luce delle recenti<br />
acquisizioni sui meccanismi fi siopatogenetici di<br />
questa ma<strong>la</strong>ttia questa possibilità, per quanto<br />
ancora “<strong>in</strong> embrione”, appare <strong>in</strong>vece più realistica.<br />
Per comprendere le possibili strategie di<br />
prevenzione del<strong>la</strong> celiachia, occorre considerare<br />
<strong>la</strong> complessità delle cause che conducono allo<br />
sviluppo di questa condizione patologica. La<br />
celiachia è <strong>in</strong>fatti una patologia causata dal<strong>la</strong><br />
<strong>in</strong>terazione di numerosi fattori di predisposizione<br />
genetica ed ambientale, questi ultimi rappresentati,<br />
per quanto è dato s<strong>in</strong>ora di sapere,<br />
dal<strong>la</strong> quantità e dal<strong>la</strong> qualità del glut<strong>in</strong>e assunto,<br />
dal<strong>la</strong> tipologia dell’alimentazione <strong>in</strong> <strong>generale</strong>,<br />
specie nelle prime epoche del<strong>la</strong> vita, e dalle<br />
<strong>in</strong>fezioni a livello <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale. Obiettivo del<strong>la</strong><br />
prevenzione primaria è quello di ridurre il rischio<br />
di sviluppare <strong>la</strong> celiachia attraverso <strong>in</strong>terventi,<br />
a livello di popo<strong>la</strong>zione <strong>generale</strong> o di soggetti<br />
a rischio, sui fattori ambientali che favoriscono<br />
lo sviluppo di celiachia.<br />
In Italia ed <strong>in</strong> altri paesi europei il consumo di<br />
glut<strong>in</strong>e è molto elevato, pari all’<strong>in</strong>circa a 10-<br />
20 g al giorno per persona. Poiché esiste un<br />
rapporto diretto tra <strong>la</strong> quantità di glut<strong>in</strong>e assunta<br />
ed il rischio di sviluppare <strong>la</strong> celiachia 1 , una possibilità<br />
preventiva sarebbe quel<strong>la</strong> di mirare ad<br />
una riduzione dei consumi di glut<strong>in</strong>e a livello di<br />
tutta <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione. Al momento attuale questa<br />
strategia appare di diffi cile attuazione, poiché<br />
vi è semmai <strong>la</strong> tendenza diffusa all’aumento<br />
dei consumi dei prodotti ricchi di glut<strong>in</strong>e, quali<br />
pasta e pizza, sia nei paesi occidentali che <strong>in</strong><br />
quelli <strong>in</strong> via di sviluppo.<br />
Un’altra ipotesi riguarda l’impiego, a fi ni alimentari,<br />
di cereali meno “tossici”, per quanto<br />
riguarda <strong>la</strong> capacità di <strong>in</strong>durre celiachia, rispetto<br />
a quelli utilizzati attualmente. Come è noto, le<br />
varietà di frumento di maggiore consumo sono<br />
quello tenero (utilizzato per panifi care) e quello<br />
duro (utilizzato soprattutto per fare <strong>la</strong> pasta). Dati<br />
sperimentali recenti suggeriscono che le frazioni<br />
più tossiche del glut<strong>in</strong>e, soprattutto il cosiddetto<br />
33-mero (peptide costituito da 33 am<strong>in</strong>oacidi<br />
con notevoli capacità immunogeniche), siano<br />
maggiormente rappresentate nel grano tenero,<br />
cioè <strong>la</strong> varietà che da so<strong>la</strong> costituisce ben<br />
il 90% dei consumi globali di grano. Varietà<br />
“primordiali” di frumento, quali ad es. esempio<br />
il monococco (E<strong>in</strong>korn), avrebbero una ridotta<br />
capacità di <strong>in</strong>durre <strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia <strong>celiaca</strong> poiché<br />
contengono una quantità di peptidi tossici notevolmente<br />
<strong>in</strong>feriore rispetto al grano tenero.<br />
Non è pertanto fuori luogo ipotizzare che <strong>la</strong><br />
frequenza del<strong>la</strong> celiachia nel<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione<br />
<strong>generale</strong> potrebbe dim<strong>in</strong>uire qualora vi fosse<br />
una sostituzione, almeno parziale, delle varietà<br />
di frumento attuali con altre meno tossiche. A<br />
tal fi ne è <strong>in</strong>teressante notare come <strong>la</strong> coltivazione<br />
di monococco, pressoché scomparsa nel<br />
passato, sta “riemergendo” <strong>in</strong> Italia ed <strong>in</strong> altri<br />
paesi europei.<br />
Attualmente l’<strong>in</strong>teresse dei ricercatori è focalizzato<br />
sui rapporti tra <strong>la</strong> alimentazione durante<br />
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