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32<<strong>br</strong> />

Revista de Estudos so<strong>br</strong>e Teatro de Formas Animadas<<strong>br</strong> />

MÓIN-MÓIN<<strong>br</strong> />

tino. Colui che ride guardando le loro forme grottesche, le loro posizioni<<strong>br</strong> />

contorte dovrebbe, invece, tremare perché esse mostrano il dramma della<<strong>br</strong> />

materia che riguarda anche l’uomo inconsapevole del proprio destino. La<<strong>br</strong> />

marionetta ha uno statuto ambiguo tra il vivente e l’indifferenziato perché in<<strong>br</strong> />

essa coesistono la materia opaca di un oggetto grossolano, fatto di materiali<<strong>br</strong> />

poveri e frusti e la materia sottile, materia mobile perché agitata ed agita<<strong>br</strong> />

dal marionettista, ma attraversata anche da energie sconosciute.<<strong>br</strong> />

Non è casuale che Tadeusz antor, uno dei grandi innovatori della<<strong>br</strong> />

scena teatrale contemporanea, abbia sempre dichiarato il suo debito nei<<strong>br</strong> />

confronti di Schulz, oltre che di Craig e di Schwitters ed anche di Maeterlinck,<<strong>br</strong> />

di cui realizzerà La Mort de Tontagiles con marionette meccaniche,<<strong>br</strong> />

per la sua teoria sull’attore visto <strong>com</strong>e una marionetta, corpo inquietante<<strong>br</strong> />

tra la vita e la morte.<<strong>br</strong> />

Il linguaggio plastico astratto ricercato dalle avanguardie storiche in campo<<strong>br</strong> />

teatrale passa attraverso il rifiuto dell l’attore tradizionale e fa emergere un<<strong>br</strong> />

nuovo tipo di attore, forma plastica disincarnata, tra la vita e la morte, a cui<<strong>br</strong> />

la marionetta presta il suo linguaggio.<<strong>br</strong> />

La spallata che avrebbe aperto la strada alla modernità viene data nel<<strong>br</strong> />

dicem<strong>br</strong>e 1896 da Alfred Jarry. Con un gesto che anticipa i readymade di<<strong>br</strong> />

Duchamp, Jarry porta sulla scena teatrale de l’Oeuvre una farsa scritta da<<strong>br</strong> />

dei liceali contro un noioso professore di fisica pieno di tic e di fissazioni<<strong>br</strong> />

trasformato nel feroce e vile Père Ubu. La semplificazione delle situazioni,<<strong>br</strong> />

il linguaggio onomatopeico e deformato (il padre Ubu parla con una pivetta<<strong>br</strong> />

e si ricordi che la prima parola proferita da Ubu entrando in scena è Merdre<<strong>br</strong> />

- questa parola e la sua deformazione scatenano una rissa memorabile), le<<strong>br</strong> />

sintesi di tempo e di spazio (la scena prevede una landa innevata ed una<<strong>br</strong> />

palma rigogliosa) trasformano il personaggio, remake di un Macbeth a<<strong>br</strong> />

fumetti, in una enorme marionetta buffonesca e terribile al tempo stesso.<<strong>br</strong> />

Per Jarry l’estetica della marionetta era l’unica forma teatrale degna di un<<strong>br</strong> />

qualche interesse. Per metter in pratica questo principio, Jarry aveva progettato<<strong>br</strong> />

di legare gli attori a dei fili, <strong>com</strong>e delle marionette; ben presto si<<strong>br</strong> />

era accorto che l’uomo era una marionetta imperfetta e che gli attori non<<strong>br</strong> />

si sarebbero districati dal gigantesco groviglio di fili occasionato dalle scene<<strong>br</strong> />

di battaglia o di parata militare. Le marionette restano imperturbabili, non<<strong>br</strong> />

distratte da vane psicologie, i loro gesti sono laconici ed esatti: in questo<<strong>br</strong> />

modo, esse mostrano la loro superiorità sull’essere umano. Immobile <strong>com</strong>e<<strong>br</strong> />

una maschera, ma anche <strong>com</strong>e uno scheletro, <strong>com</strong>e un idolo indifferente<<strong>br</strong> />

ed imperturbabile, la marionetta è, per Jarry, l’attore ideale perché, essendo<<strong>br</strong> />

priva di un corpo reale, priva di psicologia essa può assumerli tutti. Il père<<strong>br</strong> />

Ubu, infatti, può incarnare tutti i personaggi che lo spettatore vorrà e saprà

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