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34<<strong>br</strong> />

Revista de Estudos so<strong>br</strong>e Teatro de Formas Animadas<<strong>br</strong> />

MÓIN-MÓIN<<strong>br</strong> />

opera una profonda omogeneità ed una corrispondenza fra i vari linguaggi<<strong>br</strong> />

utilizzati: musicale, figurativo e plastico, indicando un orizzonte.<<strong>br</strong> />

Un altro tornante che avvicina le avanguardie alla marionetta è quello<<strong>br</strong> />

della Prima Guerra Mondiale. La modernità, la tecnica ed anche la guerra<<strong>br</strong> />

appaiono ai futuristi italiani <strong>com</strong>e un’esplosione vitalistica, che avrebbe<<strong>br</strong> />

fatto piazza pulita delle lentezze e delle convenzioni ormai inadeguate alla<<strong>br</strong> />

modernità. Il teatro futurista della sorpresa, alogico, antipsicologico usa un<<strong>br</strong> />

attore dal corpo parcellizzato (soltanto i piedi), un teatro di oggetti, inventa<<strong>br</strong> />

soprattutto con i balletti plastici un linguaggio visivo e anche corporeo<<strong>br</strong> />

alternativo a quello verbale. La macchina diventa un modello di corpo<<strong>br</strong> />

umano meraviglioso perché vittorioso sulla morte. Marinetti non esalta<<strong>br</strong> />

forse lo splendore meccanico del corpo dalle parti cambiabili?<<strong>br</strong> />

La biomeccanica di Mejerhold e dei costruttivisti russi<<strong>br</strong> />

Sul versante dadaista, la guerra alimenta una radicale polemica contro<<strong>br</strong> />

l’uomo definito <strong>com</strong>e essere di ragione. Gli eventi bellici smentivano<<strong>br</strong> />

questa pretesa che non poteva essere che sbeffeggiata attraverso performances<<strong>br</strong> />

provocatorie nelle quali la <strong>com</strong>ponenente verbale era ridotta a<<strong>br</strong> />

onomatopee o a frasi sconnesse. Ma anche Marinetti, nel Manifesto della<<strong>br</strong> />

declamazione dinamica e sinottica del 1912, vedeva nell’attore performer<<strong>br</strong> />

una gesticolazione geometrica creatrice di cubi, coni, spirali o ellissi aeree.<<strong>br</strong> />

Anche la forma umana era fatta oggetto di scherno. Nelle tumultuose e<<strong>br</strong> />

provocatorie serate dadaiste i costumi più stravaganti deformavano i corpi<<strong>br</strong> />

degli artisti che, racchiusi in tubi di cartone, procedevano a delle danze o<<strong>br</strong> />

delle vociferazioni di onomatopee o di frasi senza senso di cui le dichiarazioni<<strong>br</strong> />

dadaiste di Monsieur Antipyrine possono dare un’idea. “Con le nostre<<strong>br</strong> />

danze mascherate”, diceva Hugo Ball, “cele<strong>br</strong>iamo una buffonata che è allo<<strong>br</strong> />

stesso tempo una messa dei morti”.<<strong>br</strong> />

Attraverso le onomatoppe la parola è liberata dalla presenza dell’uomo,<<strong>br</strong> />

ma anche l’uomo è liberato dall’obbligo di dire, di affermare delle verità<<strong>br</strong> />

di cui non c’è più certezza. Contro un linguaggio codificato che si era<<strong>br</strong> />

rivelato una fonte di mistificazione, i dadaisti propongono attraverso la<<strong>br</strong> />

danza un nuovo linguaggio basato sulla espressività del corpo, espressione<<strong>br</strong> />

di una sensibilità e di una rappresentazione del mondo attraverso immagini<<strong>br</strong> />

<strong>com</strong>pletamente nuove.<<strong>br</strong> />

I mutamenti nella utilizzazione del corpo non fanno che registrare<<strong>br</strong> />

un cambiamento nel concetto stesso di personaggio, la cui identità non<<strong>br</strong> />

è riconosciuta in una stabilità del carattere ormai perduta, bensì in una<<strong>br</strong> />

instabilità ed in un continuo oscillare di situazioni.<<strong>br</strong> />

Il nuovo corpo dell’attore si avvale di protesi, di costumi che non hanno<<strong>br</strong> />

più lo scopo di creare un personaggio, ma di inventare delle forme plastiche.

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