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Angelo Mai e altri racconti - Centro di Documentazione Pier Vittorio ...

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PARTE TERZA<br />

Stare seduti in piazza del campo, per qualche strano motivo, non annoia mai. Di notte passano<br />

degli omini rampicanti, una razza fantasiosa <strong>di</strong> folletti, che cambiano almeno un particolare per ogni<br />

e<strong>di</strong>ficio che circonda la piazza: un mattone tolto, una cimasa aggiunta, un fiore <strong>di</strong> color cangiato.<br />

Viktor seduto sulla piazza scoscesa coperta <strong>di</strong> genti <strong>di</strong>verse da tutti i paesi del mondo che<br />

formavano gruppetti attorno a falò immaginari combustionando le chiacchiere. Vicinavano la<br />

solitu<strong>di</strong>ne gli interstizi tra le pietre: il sublime del vuoto, ancor più mirabile perché vuoto artificiale.<br />

Un graffio sulla cicatrice. Finito il lazzo della gentilezza resta un vuoto sentire come attorno alle<br />

cose che non si toccano, tra il sonno e l’abbandonano spostando fiori improvvisati. E poi tace la<br />

risposta sull’odore estraneo e si crea quella sorta <strong>di</strong> sensualità tra due persone, costellata, si sa,<br />

dell’ipocrisia alla «ma mica tu volevi». Sì, io volevo, e allora? allora non lo <strong>di</strong>rò mai, ma neanche<br />

lei, e se l’audacia scoppia prima del tempo alimenta la stupi<strong>di</strong>tà, e la lauta considerazione. Ma che<br />

poi la scintilla scoppi lo stesso è ben altro <strong>di</strong>scorrere. E invece che fantasticità il tutto prima <strong>di</strong><br />

questo: che gioia nel trasparire non finalizzato <strong>di</strong> pensieri. La società, per forza <strong>di</strong> cose, certo, per<br />

forza <strong>di</strong> cose, porgeva un mantello su Viktor, sussurrando le regole interpersonali, piangendo per<br />

l’attimo sprecato; e allo stesso tempo condannando la frenesia. Un pranzo servito a dovere anche<br />

per le menti più <strong>di</strong>etologhe. Al cellulare (ecco ecco, ora a cosa serviva un cellulare a un uomo che<br />

poteva volare? Ma cosa ci faceva un uomo sulla terra italica senza cellulare? Cos’era quello? Che<br />

essere si doveva nascondere <strong>di</strong>etro gli occhi <strong>di</strong> un uomo così poco abituato a vedere l’esterno che<br />

poteva riconoscere le molecole <strong>di</strong> anidride carbonica superiori a qualsiasi ambiente interno?<br />

Rischiare <strong>di</strong> essere totalmente fuori dal mondo voleva <strong>di</strong>re rientrare in una villa che non aveva il<br />

minimo comfort. Aprire parentesi lunghe un attimo: le solite riflessioni carambolesche che si<br />

riversavano in un baratro <strong>di</strong> botri in un nanosecondo, andavano e venivano, effetto yo-yo <strong>di</strong> un<br />

sillogismo sempre uguale, e che alla fine si spostava sempre <strong>di</strong> lato, dall’esterno, arrivando alla<br />

conclusione che fosse Aristotele a sbagliarsi. Ma mai si andava oltre.) era Stephen Okalinih:<br />

«Viktor, com’è andata?»<br />

«Ho passato la prova scritta, ma non con voti altissimi»<br />

«Mah! Secondo me tu meriti molto <strong>di</strong> più. Ma ti ren<strong>di</strong> conto?: hai le ali, non dovresti farti<br />

esaminare»<br />

«E cosa dovrei fare? Stare in un tempio, seduto su un trono con le ali sempre spiegate,<br />

raccogliendo il saluto dei miei sud<strong>di</strong>ti, come un faraone tronfio senza regno?»<br />

«È questo tuo linguaggio a renderti ancor più strano»<br />

«Ah! Lo prendo come un complimento»<br />

«Quin<strong>di</strong> domani avrai l’orale?»<br />

«Sì, ma non sono molto fiducioso»<br />

«Ma <strong>di</strong>gli che hai le ali»<br />

«Sì, certo; veramente non so: dovrei <strong>di</strong>rlo a qualcuno, ma non so chi. Voglio <strong>di</strong>re: che cosa devo<br />

fare ora che ho queste?»<br />

Anche Stephen non sembrava rispondere in maniera sicura a quella domanda. Ma ciò non<br />

importava per ora: quello che voleva Viktor era stu<strong>di</strong>are nel dottorato della sua <strong>di</strong>sciplina preferita.<br />

E in quella sera <strong>di</strong> settembre non poteva far altro che fissare i palazzi <strong>di</strong> quella piazza sublime.<br />

I<br />

II<br />

18

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