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Angelo Mai e altri racconti - Centro di Documentazione Pier Vittorio ...

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«Hai la faccia un po’ pallida: ti senti bene?»<br />

«Aldo è un vulcano, non sta mai male.»<br />

Questa frase <strong>di</strong> Alex mi rese ora nervoso e incazzato: vedevo ormai solo allusioni in qualsiasi<br />

particolare della realtà e in qualsiasi frase.<br />

«Hai fame? Vuoi qualcosa?»<br />

Ti è bastata ieri sera o vuoi fartene un’altra adesso?<br />

«Sì è unita a noi anche Anita.»<br />

Ecco un’altra che ti può ispirare per la prossima sega.<br />

«Noi abbiamo preso il pesce.»<br />

Tu già l’hai preso…o meglio…afferrato ieri sera.<br />

«Allora, Alex, che ci stavi <strong>di</strong>cendo?»<br />

Finisci pure a raccontare, così gli ri<strong>di</strong>amo in faccia.<br />

«Ti sono andati bene gli esami, Aldo?»<br />

Hai avuto almeno un buon orgasmo?<br />

Durante tutto il pranzo io non riuscivo a tenere una conversazione perché pensavo solo ed<br />

esclusivamente a una cosa, e mi innervosivo credendo che tutti a quel tavolo facessero finta <strong>di</strong><br />

niente. E mi innervosivo quando due donne <strong>di</strong> quella tavolata parlottavano a bassa voce tra <strong>di</strong> loro e<br />

poi sghignazzavano <strong>di</strong>vertite. Ogni gesto, ogni allusione, ogni frase <strong>di</strong> Alex mi facevano tremare.<br />

Quando mi guardava con quei suoi occhi gran<strong>di</strong> mi si gelava il sangue temendo che un altro gesto<br />

stesse per partire dalla sua mano.<br />

«Caspita se è tar<strong>di</strong>. Devo tornare a lavorare. Grazie per la compagnia. Vi lascio i sol<strong>di</strong> per il<br />

pranzo.»<br />

«No, Alex, oggi sei nostro ospite.»<br />

«Ma non c’è bisogno.»<br />

«È la prima volta che vieni, noi uomini ti offriamo: è un nostro dovere.»<br />

La beffa: gli dovevo anche pagare il pranzo.<br />

«Aldo, ci ve<strong>di</strong>amo stasera.»<br />

Risposi con un cenno della testa. Capii che dovevo cogliere l’occasione della sua assenza<br />

anticipata per spiegare che Alex non è un persona del tutto normale, che gli piace inventare<br />

aneddoti che non hanno nessuna attinenza con la realtà, o…che è paranoico, schizofrenico,<br />

<strong>di</strong>ssociato, nevrotico e chi più ne ha ne metta. Stavo per affilare le armi della mia retorica ed<br />

iniziare la mia catilinaria contro <strong>di</strong> lui, quando una Storica <strong>di</strong>sse spiazzandomi:<br />

«Simpatico il tuo coinquilino: è un tipo alla mano!»<br />

Alla Mano! ALLA MANO! Non potevo sopportare questo affronto, non sarei riuscito a restare<br />

ancora seduto a quel tavolo <strong>di</strong> ipocriti. Mi sarei voluto alzare e tagliare con una falce le loro stupide<br />

zucche vuote che ridevano <strong>di</strong> un ragazzo che vuole solo essere fedele alla sua donna.<br />

«Io devo andare a stu<strong>di</strong>are.»<br />

«Come?»<br />

«Vado a stu<strong>di</strong>are in biblioteca.»<br />

«Aspetta, ma…e poi abbiamo lezione tra un po’.»<br />

«Non ho tempo per la lezione, devo finire il libro <strong>di</strong> Auerbach.»<br />

«Ma……»<br />

«Ci ve<strong>di</strong>amo dopo.»<br />

Entrai in biblioteca, aprii il mio libro, ma non riuscivo a leggere neanche una parola: per il<br />

sangue che avevo negli occhi erano <strong>di</strong>ventate piene <strong>di</strong> geroglifici quelle pagine. Perché no? anzi,<br />

sicuramente! Alex poteva già aver <strong>di</strong>ffuso la notizia per tutta la Facoltà, forse per tutta l’università,<br />

compresi professori e bibliotecarie. Tutti sapevano, era logico! Una notizia così <strong>di</strong>vertente era corsa<br />

sulla bocca <strong>di</strong> tutti, gran<strong>di</strong> e piccini, tutti! Gente che confabulava, sghignazzamenti <strong>di</strong> ragazze,<br />

simpaticoni che rincalzavano le dosi. Persino le bibliotecarie vedevo puntare il <strong>di</strong>to contro <strong>di</strong><br />

me…lo stavano facendo veramente, le vedevo <strong>di</strong> sottecchi: due bibliotecarie, al <strong>di</strong> là del vetro che<br />

separava le stanze silenziose da quella in cui si prendono in prestito i libri, mi in<strong>di</strong>cavano e<br />

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