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Angelo Mai e altri racconti - Centro di Documentazione Pier Vittorio ...

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sommato simpatico. Non era uno studente. Aveva qualche anno più <strong>di</strong> me e faceva il saldatore,<br />

l’elettricista o una cosa del genere. È impossibile descrivere come continuamente si interessasse alle<br />

frivolezze della vita mia, alla mia passione per la musica o al mio passato <strong>di</strong> donne. Irrompeva <strong>di</strong><br />

tanto in tanto nella mia stanza iniziando un <strong>di</strong>scorso, e non riuscivo a fermarlo se non gli raccontavo<br />

le mie esperienze e le mie impressioni. Alex si svegliava molto prima <strong>di</strong> me, almeno due ore prima<br />

ogni mattina, ma nonostante ciò spesso rimaneva a guardare la televisione fino a tar<strong>di</strong>, e mi rapiva<br />

con una clamorosa chiamata ai miei libri se secondo lui passava in televisione qualcosa che mi<br />

interessava. Quella sera, per fortuna, era troppo stanco, e alle un<strong>di</strong>ci andò a dormire <strong>di</strong>cendomi «hai<br />

i pantaloni macchiati. Buonanotte».<br />

Finalmente solo andai nella mia stanza e mi misi sul letto a leggiucchiare il mio Auerbach.<br />

Dopo un quarto d’ora <strong>di</strong> assoluto silenzio nella casa, certo che Alex stesse dormendo, posai il critico<br />

sul como<strong>di</strong>no, spensi la luce e cominciai a toccarmi. Non è certo nelle mie intenzioni raccontarvi i<br />

particolari <strong>di</strong> questa operazione. Ma mi è d’obbligo segnalarvi il totale rapimento che si confà<br />

all’azione suddetta, che sebbene molto meno coinvolgente (ma neanche lontanamente paragonabile)<br />

dell’atto sessuale, comunque getta in una <strong>di</strong>mensione lontana in cui la percezione del mondo<br />

esterno è totalmente annullata. Che <strong>di</strong>re poi del momento culminante, chiamiamolo così, reso ancor<br />

più culminante dall’astinenza. Finito il mio personalissimo sfogo, accesi la luce, mi alzai dal letto e<br />

presi dei fazzoletti per pulirmi. Fu in quel momento che, avendo notato la luce accesa, irruppe nella<br />

stanza Alex, <strong>di</strong>cendo ancor prima <strong>di</strong> vedermi: «Aldo, ma domani tu…» e troncò le parole, forse per<br />

la prima volta in vita sua, vedendo me in quello stato e con un fazzoletto in mano. Ma lo sgomento<br />

sul suo volto durò meno <strong>di</strong> un attimo, e cominciò a parlare <strong>di</strong> quello che avevo evidentemente fatto<br />

come se si trattasse <strong>di</strong> una specie <strong>di</strong> hobby in comune su cui scambiare le proprie opinioni:<br />

«Aldo…pure tu ci dai <strong>di</strong> mano, vero? Guarda anch’io ogni tanto me ne sparo certe!»<br />

«Eee?, scusa, Alex, non ho capito»<br />

«No, ma non ti preoccupare, pulisciti, pulisciti. Io ti stavo chiedendo un’altra cosa ma non era<br />

importante. Ma <strong>di</strong>mmi un po’: quante te ne fai tu al giorno?»<br />

«Come?»<br />

«Dico: ci dai dentro o è una cosetta così, giusto ogni tanto?»<br />

«Alex, scusa, ma sai…vorrei, ecco, <strong>di</strong>ciamo, pulirmi.»<br />

«Oh! Scusami, ma visto che abbiamo questa cosa in comune, volevo sapere che ne pensi, se hai<br />

qualche film adatto»<br />

«Non mi pare il momento. E comunque io ho la ragazza, quin<strong>di</strong> non è un’abitu…»<br />

«Ti sta colando un po’»<br />

«Alex! Ti prego, è o<strong>di</strong>oso quello che stai <strong>di</strong>cendo!»<br />

Passai quin<strong>di</strong> da un iniziale stato <strong>di</strong> confusione a uno stato nervoso <strong>di</strong> ira controllata e<br />

soprattutto espressa tramite un italiano più formale che rendesse la <strong>di</strong>stanza tra gli interlocutori.<br />

«Scusa scusa. Ti lascio da solo.»<br />

Fu l’inizio <strong>di</strong> un incubo che, in una certa maniera, dura tuttora.<br />

Avevo dormito poco per quello che era successo, ma comunque qualche ora l’avevo fatta ed ero<br />

pronto per affrontare una nuova giornata <strong>di</strong>mentico <strong>di</strong> quell’incidente. Alex si era già svegliato,<br />

naturalmente, ed era già andato a lavorare. Quello che aveva intenzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmi e che aveva<br />

scordato per ovvi motivi, l’avrei scoperto da solo qualche ora dopo il risveglio: doveva fare un<br />

lavoro all’università il giorno dopo e mi voleva chiedere se durante la pausa pranzo gli presentassi<br />

qualcuna. Stavo così andando all’università ignaro <strong>di</strong> incontrarlo, e non sarebbero serviti a niente i<br />

miei pantaloni lin<strong>di</strong> e puliti <strong>di</strong> quel giorno.<br />

Passeggiavo per il campus con i miei pochi amici maschi; girovagavamo durante l’ora buca tra<br />

due lezioni; guardavamo ragazze, salutavamo ragazze, chiacchieravamo con ragazze. Durante una<br />

delle nostre soste, durante quella con le tre più carine dalla Facoltà <strong>di</strong> Storia, guardai verso due<br />

operai in tuta grigia che lavoravano contro una centralina elettrica: uno era sotto che guardava,<br />

mentre l’altro su una scala era <strong>di</strong> spalle. Fissandolo per alcuni secon<strong>di</strong> ebbi l’impressione <strong>di</strong><br />

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