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Angelo Mai e altri racconti - Centro di Documentazione Pier Vittorio ...

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PARTE QUARTA<br />

Un seno smisurato prorompeva pur coperto grazie al biancore <strong>di</strong> quella camicetta, sbottonata un<br />

bottone in più; ma tutto rovinato da un volto che troppo aveva <strong>di</strong> maschile, non così tanto da<br />

identificare la persona come transessuale: semplicemente una donna con fattezze somatiche da<br />

uomo, coperte <strong>di</strong>speratamente da un trucco pesante, heavy, quasi heavy metal; il fondotinta si<br />

arrampicava su dal collo e si scontrava col rossetto fosforescente già quando avresti detto che era<br />

ancora mento, poi saliva su per le guance e più non capiva che uscita prendere nel complicato<br />

svincolo degli occhi, complicato <strong>di</strong> per sé, complicato dai lavori in corso.<br />

Di fronte a lei l’amica, che <strong>di</strong> trucco ne bisognava data la sua faccia butterata. Ma sotto il collo<br />

mostrava un corpo molto più grazioso, con forme che spuntavano sonanti senza che attillanti mute<br />

le ri-velassero. Ogni tanto si scambiavano delle frasi sussurrate, non più <strong>di</strong> quattro, due a testa; ogni<br />

terza volta che ciò avveniva, quin<strong>di</strong> ogni quarto d’ora, si alzavano dai loro libri e uscivano dalla<br />

biblioteca per una pausa maggiore o uguale al break <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o.<br />

Su due tavoli <strong>di</strong>stinti, senza incontrarsi, un uomo e una donna erano l’una lo specchio dell’altro:<br />

entrambi leggevano per circa <strong>di</strong>eci minuti, poi alzavano la testa fissando un punto inesistente della<br />

biblioteca, e ripetevano anche loro sussurrando non si sa quali formule o <strong>di</strong>scorsi. Lui era più<br />

agitato <strong>di</strong> lei, forse perché allo stesso tavolo delle tette trans. Tra le due azioni si davano sempre<br />

qualche secondo <strong>di</strong> pausa in cui fissavano qualcun altro nella stanza tra il <strong>di</strong>sprezzo e la pietà.<br />

Un’altra, agghindata probabilmente per il casting <strong>di</strong> un film porno, non faceva altro che entrare<br />

e uscire, imponendosi da sola, si può <strong>di</strong>re senza giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> merito, come una cretina; una<br />

camminata ri<strong>di</strong>cola, da gallina gravida che cerca un luogo morbido per espellere l’uovo, per non far<br />

rumore con i tacchi; otteneva sicuramente una riduzione del volume in questo modo, ma le sue<br />

scarpe producevano così un rumore inau<strong>di</strong>to che <strong>di</strong>straeva ancor <strong>di</strong> più <strong>di</strong> un concerto metal, heavy<br />

metal.<br />

Un ragazzo quasi sicuramente <strong>di</strong> origini me<strong>di</strong>orientali, avvenente, ma <strong>di</strong> una bellezza sfruttata<br />

da un uomo che non la sfruttò mai, e quin<strong>di</strong> esaltata in ogni parte del suo corpo, lo rendeva alla<br />

somma <strong>di</strong> tutto ingombrante. Alzava costantemente lo sguardo, incontrando feedback favorevoli<br />

soprattutto dal trans e dalla gallina, che invece lui, giustamente, cercava <strong>di</strong> evitare. Aveva due<br />

catenine d’oro al polso destro e scriveva continuamente su fogli <strong>di</strong> carta, così che quando arrivava<br />

al bordo inferiore, l’oro gingillava sul tavolo creando uno scampanellio incostante e fasti<strong>di</strong>osissimo.<br />

Lo sguardo che cercava <strong>di</strong> incontrare era quello <strong>di</strong> una ragazza dai capelli corti, che era seduta<br />

<strong>di</strong> fronte a lui ma su un altro tavolo. Questa alzava raramente la testa dal foglio, e quando lo faceva<br />

la delicatezza del suo viso si mostrava alla luce del sole che invadeva dalle ampie finestre, e il suo<br />

maglione, per niente seducente, lasciava intuire in maniera ancor più seducente, il suo corpo che<br />

rasentava la perfezione.<br />

Ad un certo punto fece il suo ingresso un uomo sulla trentina, con l’aria stralunata, e con in<br />

braccio una serie <strong>di</strong> libriccini e quaderni. Tra i libriccini si leggevano titoli come “Compen<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

filosofia”, “Dai, che ce la fai”, “L’autostima”, e <strong>altri</strong> bignami si un sapere enciclope<strong>di</strong>co. Insicuro<br />

sul posto da scegliere, scelse la se<strong>di</strong>a libera <strong>di</strong> fianco al me<strong>di</strong>orientale, che dopo alcuni secon<strong>di</strong>, e<br />

dopo aver lanciato sguar<strong>di</strong> su tutto ciò che ne poteva raccogliere nella stanza, uscì. L’uomo, calvo,<br />

con gli occhiali, provvisto <strong>di</strong> un’evidente pingue<strong>di</strong>ne, con vestiti che sembravano provenire dal<br />

<strong>di</strong>scount <strong>di</strong> una moda mai esistita, sventagliò le sue carte, e scelse un piccolo libro che aprì<br />

all’altezza della centesima pagina, quin<strong>di</strong> quasi verso la fine, e si mise a leggere con vigore e con<br />

impegno, senza curarsi mai del mondo esterno. Dopo circa venti minuti alzò lo sguardo verso un<br />

posto che nessuno occupava, con aria preoccupata; quin<strong>di</strong> si rasserenò d’un tratto e guardò<br />

attraverso l’enorme finestra prima <strong>di</strong> ributtarsi nelle ultime pagine. Quest’ultima azione fece<br />

sorridere Viktor: non lo considerava ri<strong>di</strong>colo, tutt’altro: sembrava lo scar<strong>di</strong>natore <strong>di</strong> quei rapporti<br />

costituiti, non schiavo della sua essenza, eppur calmo <strong>di</strong> umiltà, poiché si accorgeva della propria<br />

I<br />

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