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capitolo 5 LA - Archiviostorico.Net

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Ritornando verso villa Cortese, imbocchiamo, deviando verso destra,<br />

la strada che ci porta nella regione PARASIO. Incontriamo subito la<br />

villa PARASIO di proprietà dell'avvocato Angelo Cereseto e della<br />

moglie Simona Cortese. Il signor Angelo aveva una delle prime moto<br />

Bianchi, che conduceva con grande abilità. Entrambi i coniugi avevano<br />

una passione per l'equitazione e sovente cavalcavano insieme alle<br />

sorelle Cogliolo.<br />

Proseguendo si trovava la casa della famiglia ARATA, la casa<br />

MORETTI della famiglia PARETO e la "CASCINETTA", di proprietà<br />

dei Marchesi Spinola. Questa casa era abitata da LUIGI, ANGELO<br />

e FRANCESCO SANTAMARIA, dalla moglie di quest'ultimo con il<br />

figlio GIOVANNI e le figlie ROSA, PAO<strong>LA</strong>, MARIA e ANGE<strong>LA</strong>.<br />

Poi venivano la cascina PARADISETTO di FRANCESCO PASTO-<br />

RINO e la cascina MONTOGGIA di G.B. MERO.<br />

Ritornando verso il Borgo, al bivio tra la strada che conduce alle<br />

Cappellette e quella di viale Rebora, troviamo la Tabaccheria TURCO.<br />

Era allora intestata alla nonna PAOLINA, ma veniva gestita dalla figlia<br />

IRMA MANARA e dalle nipoti JOLE e PAOLINA, detta LINA. La<br />

tabaccheria era un punto nevralgico del Borgo. In precedenza si trovava<br />

nel locale che era adesso diventato il laboratorio del sellaio CICHIN<br />

MASCHERPA. La nonna Paolina il giorno della diga con sorprendente<br />

energia riuscì a salvare alcune persone, indirizzandole verso la strada<br />

delle Cappellette.<br />

Sul retro della tabaccheria si trovava il laboratorio di PIETRO<br />

CESARE TORRIELLI, il marito di IRMA. Cesare era un marmista e,<br />

aiutato da CINO, MARIETTO ed ATTILIO, eseguiva lavori di scultura<br />

per i cimiteri e per le ville signorili di Ovada. Il laboratorio era particolarmente<br />

attrezzato per la realizzazione di piani in marmo per comò<br />

e per tavoli da pranzo e per i lavandini in marmo in un unico pezzo, i<br />

più usati nelle cucine e nei luoghi di lavoro. Il laboratorio esiste oggi<br />

ancora ed è gestito dalla figlia Jole. Il giorno della diga Cesare fu grande.<br />

Profuse coraggio e calma alla gente spaventata ed organizzò con<br />

ordine lo sgombero delle case, avviando le persone su per il viale<br />

Rebora verso la stazione ferroviaria e verso il Convento di clausura,<br />

salvando così molte vite.<br />

Salendo lungo il viale Rebora, in direzione della Stazione Nord, troviamo<br />

il MULINO SAVOIA di PIERINO POL<strong>LA</strong>ROLO e di MARIA<br />

SANTAMARIA, sua moglie. Al mulino del Borgo confluivano tutti i<br />

contadini della zona. La settimana prima del disastro della diga,<br />

Pierino aveva trasferito il mulino a Belforte, lasciando quello del<br />

Borgo in gestione a GIANCARLO <strong>LA</strong>VAGNINO, per poi passare<br />

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