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<strong>capitolo</strong> 20<br />
LE DONNE DEL BORGO<br />
Come erano le donne del Borgo lo può dimostrare questo racconto,<br />
anche se strettamente personale. Mia madre Maria era nativa di Verona e<br />
mio padre Giuseppe di Roccagrimalda. Sposatisi nel 1922, si erano trasferiti<br />
nel Borgo perché mio padre lavorava nel garage di suo fratello<br />
Natale.<br />
Mamma era una “straniera”, distante dai suoi famigliari, tra gente che<br />
non conosceva, ma soprattutto amareggiata perché dopo cinque anni di<br />
matrimonio non era ancora giunta la cicogna. Le donne del Borgo la consolavano<br />
e le davano speranza. Maria d’Arzan era la sua seconda madre.<br />
Milietta, Tonina d’Gianò e Maria di Galetti le persone più care. Maria la<br />
Pitura, la padrona di casa, non perdeva occasione per starle vicino.<br />
Quando nel 1928 nacque il sottoscritto, tutte le donne del Borgo corsero<br />
in aiuto della partoriente. Allora si nasceva in casa, con Erminia la<br />
levatrice che faceva da cicogna. Ci fu chi lavò la biancheria, fece i lavori<br />
domestici, la spesa, la colazione. Un susseguirsi di atti di sostegno, un<br />
concreto appoggio sia materiale che morale.<br />
Il contributo delle donne al benessere delle loro famiglie era notevole.<br />
Casalinghe, sarte, ricamatrici, commesse, contadine, ortolane, infermiere,<br />
lavandaie, domestiche, operaie in filanda, lucidatrici di mobili, erano<br />
tutte occupate in mestieri di grande utilità, a sostegno di famiglie non<br />
sempre in condizioni floride.<br />
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