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capitolo 5 LA - Archiviostorico.Net

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pericolo al sopraggiungere dell'onda su Ovada, c'era tutto il tempo per<br />

far sgomberare le zone a rischio e salvare molte vite umane.<br />

La colonna d'acqua che si abbattè contro la rocca delle ANIME venne<br />

deviata verso il ponte ferroviario delle VENETA. Si è sempre creduto<br />

che questo ponte e il muraglione dello Sferisterio Marenco abbiano<br />

salvato piazza Castello e le case adiacenti dalla distruzione delle<br />

acque. Il ponte della Veneta, sulla linea ferroviaria Ovada-Alessandria,<br />

venne costruito nel 1905 da una società veneta dalla quale prese il<br />

nome, su progetto dell'Ingegner Marin, allora sindaco di Roma. Il<br />

ponte si è rivelato robustissimo, resistendo anche a ripetuti bombardamenti<br />

effettuati da aerei americani nell'ultimo conflitto mondiale. Il<br />

muraglione dello Sferisterio Marenco, lungo 100 metri e alto 16, venne<br />

invece costruito nel 1921 dall'impresario ovadese Agostino Sciutto,<br />

che sperimentò una tecnica costruttiva d'avanguardia.<br />

L'onda, fuoriuscita dalle arcate del ponte della Veneta, andò ad investire<br />

il muraglione dello Sferisterio Marenco, che la deviò contro il<br />

ponte del Borgo, che non resistette. Poco dopo le 14, le case furono<br />

investite e sparirono in una nube di polvere.<br />

La rottura della spalla del Bric Zerbino costò la vita a 111 persone e<br />

distrusse un intero rione della città di Ovada. Fra le vittime, 97 erano<br />

di Ovada, 3 di Molare, 7 di Cremolino e 4 di Capriata d’Orba.<br />

La diga principale di Molare è ancora là, intatta nella sua spettrale<br />

imponenza, tragico monumento di un evento che si poteva evitare. Il<br />

lago non c’è più, salvo una piccola pozza: l’Orba dopo il disastro ha<br />

deviato il suo corso.<br />

L'enorme squarcio nella sella costituisce la prova più sicura e convincente<br />

che le rocce che la formavano erano completamente sconnesse<br />

e fratturate, con prevalenza di materiali friabili, facilmente erodibili<br />

dalle acque che attraverso la sella filtravano in notevole quantità. Di<br />

fronte a tutto questo, durante il processo penale per il disastro la difesa<br />

delle O.E.G. osò affermare che "la solida roccia era stata raggiunta<br />

su tutta la fondazione”. Se la direzione dei lavori, prima di iniziare la<br />

costruzione, avesse praticato dei sondaggi sui fianchi della sella, molto<br />

probabilmente avrebbe abbandonato il progetto.<br />

Il processo penale si concluse pochi anni dopo con l’assoluzione dei<br />

vertici e dei tecnici delle O.E.G.. Il disastro fu attribuito ad una calamità<br />

naturale. Una spiegazione che non convince affatto. Sono almeno<br />

tre gli elementi che fanno pensare ad una responsabilità della società<br />

concessionaria:<br />

1) Insufficienza degli apparecchi di scarico, poiché nel progetto si calcolò<br />

una portata di piena del torrente Orba assolutamente inadeguata.<br />

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