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I riflessi letterari dell'Unità d'Italia nella narrativa siciliana

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Uzeda non esita a servirsi della politica e delle sue nuove regole, come strumento di potere, senza<br />

remore morali e senza rispetto per nessuna regola, neppure i legami affettivi famigliari. Federico De<br />

Roberto è convinto che proprio<br />

l'avvento della civiltà liberale ha ridato vitalità a una casta in via d'estinzione 60 .<br />

La borghesia infatti si è fatta abbindolare dalla aristocrazia, che aveva un vantaggio<br />

inestimabile sul piano della cultura e della comunicazione sociale, e che era in grado perciò di<br />

ottenere il consenso e il voto degli altri strati sociali.<br />

De Roberto si mantenne fedele al verismo economico di Verga, ma tentò di rinnovarlo<br />

contaminandolo col naturalismo sperimentale di Zola e col virtuosismo psicologico di Bourget.<br />

Non seguendo né il modello manzoniano né la soluzione di Verga, la lingua aderirà al<br />

mondo aristocratico dei personaggi,un mondo intimamente volgare, perciò vi sarà posto per<br />

espressioni arcaicizzanti, ricercate e <strong>letterari</strong>e e plebeismi, propri della parlata popolare <strong>siciliana</strong>. De<br />

Roberto ricrea persino la prosa secentesca del Mugnos:<br />

I Viceré ci offrono uno straordinario quadro delle diverse alterazioni e modulazioni che la lingua<br />

nazionale assumeva nei vari strati sociali e gruppi e comunità di parlanti dell’Italia del secondo<br />

Ottocento 61<br />

Degli Uzeda di Francalanza, «razza ignorante e prepotente» vengono messe in luce le<br />

manie, l’istinto sanguinario, l’atavico e feudale istinto di dominio assoluto, che si incarna <strong>nella</strong><br />

pittoresca boria araldica, schiettamente utilitaristica, connessa col più nudo motivo economico, con<br />

l’avidità e con la rapace accumulazione della ricchezza. L'origine spagnolesca, emblematizzata nel<br />

nomignolo “i vicerè”, offre a tutto questo un alibi perfetto,come i loro antenati gli Uzeda sono<br />

meschini, avidi e prepotenti, ma ormai si trovano in uno stato di decadenza, visto che i Borboni non<br />

gli hanno concesso un posto di rilievo nell'amministrazione.<br />

Gli eventi storici non hanno una raffigurazione autonoma, non vengono spiegati,<br />

compresi, sono relazionati a momenti interni al clan Uzeda e sono funzionali alla crescita dei<br />

personaggi. De Roberto non scrive un romanzo storico, anche se ne riprende la tipologia<br />

manzoniana di componimento misto di storia e invenzione, fa un'opera antistorica 62 per l'ideologia<br />

negativa e antiprogressista <strong>nella</strong> rappresentazione degli eventi:<br />

I Vicerè appaiono configurare un episodio di una storia naturale dell'umanità,del tutto<br />

ateologica,avente per motore immobile il principio dell'affermazione di sè 63<br />

Federico De Roberto preferirà definirlo un “romanzo di costume”, in cui sono le cronache di vita<br />

quotidiana ad avere maggior spazio.<br />

60 Ibidem,p.51<br />

61 Spinazzola,V.,Federico De Roberto e il verismo, Milano: Feltrinelli,p. 159<br />

62 Nell'accezione di V. Spinazzola<br />

63 Spinazzola, V.,Il romanzo antistorico,Roma:Editori Riuniti,1993,p.130<br />

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