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I riflessi letterari dell'Unità d'Italia nella narrativa siciliana

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Liberatore correva trionfalmente da un capo all'altro del feudo borbonico per farne una libera<br />

provincia della libera patria italiana... (Bravo, bene!) Io ero allora fanciullo, e alla mia mente<br />

inesperta ed ignara il nome di Garibaldi sonava come quello di un guerriero formidabile che altre<br />

leggi non conoscesse fuorché le dure, le violente leggi di guerra. Un giorno corse una voce:<br />

Garibaldi era alle porte della nostra città; i Padri Benedettini si disponevano ad ospitarlo... non<br />

potendo subissarlo coi suoi diavoli rossi... (Si ride.) Ed io quasi temetti di guardare in viso quel<br />

fulmine di guerra, come se col solo sguardo dovesse incenerirmi. Ed un giorno i miei compagni<br />

m'additarono l'Eroe dei due mondi. Allora io vidi quel biondo arcangelo della libertà intento...<br />

sapete voi a qual opera? A coltivare le rose del nostro giardino! Da quel giorno la rivelazione di<br />

quel cuore vasto e generoso, dove la forza leonina s'accoppiava alla gentilezza soave... (Scroscio<br />

di applausi), di quell'uomo che, conquistato un Regno, doveva, come Cincinnato, ridursi a<br />

coltivare il sacro scoglio, dove oggi aleggia il magnanimo spirito di Lui, che fu a ragione chiamato<br />

"il Cavaliere dell'umanità"...» Gli stenografi smisero di scrivere, tale uragano d'applausi e di grida<br />

si scatenò. Urlavano: «Viva Francalanza!... Viva Garibaldi!... Viva il nostro deputato!...»[...] Tratto<br />

di tasca il fazzoletto, egli lo sventolò gridando: «Viva Garibaldi! Viva l'Eroe dei due mondi!...» 99<br />

Consalvo aveva parlato per due ore, facendo ridere e commuovere il suo pubblico, il<br />

narratore commenta che si era “sgolato come un ciarlatano per vendere la sua pomata” e che,<br />

mentre risuonava la marcia reale, un gruppo di studenti domandava<br />

“ Adesso che ha parlato,mi sapete dire che ha detto ?” 100<br />

Nel 1882 naturalmente il Principe Consalvo, che era già Sindaco di Catania, viene eletto<br />

deputato del Regno d’Italia. Va a trovare donna Ferdinanda(da sempre colei che esprime nel<br />

romanzo lo spirito di classe e l’arroganza della vecchia aristocrazia) e imposta un dialogo, per la<br />

verità un monologo, sulla ”obbrobriosa l'età nostra” con Donna Ferdinanda, che gli volta le spalle e<br />

resta silenziosa, chiusa nel suo odio verso le nuove istituzioni liberali, nei suoi pregiudizi di casta,<br />

<strong>nella</strong> sua fedeltà ai Borboni. Il suo silenzio manifesta disprezzo o forse, come sempre<br />

ambiguamente, un sostanziale assenso alle tesi sostenute.<br />

Consalvo ricorda le parole del padre, che gli aveva spiegato che non cambiava nulla per<br />

loro, per i discendenti dei Viceré, il potere era sempre nelle loro mani, c’era il parlamento ma lo zio<br />

Duca era stato il primo deputato.<br />

Il nuovo deputato liberale, principe Consalvo, vuole giustificare tutta la sua attività politica,<br />

vuole riaffermare che il cambiamento intervenuto con l’Unità d’Italia è solo apparente, anzi se vi è<br />

stato è intervenuto a favore dell’aristocrazia, che prima riceveva il proprio potere dal Re(un uomo<br />

solo)ora lo riceve dal popolo, da lui definito “gregge umano”. Il re è<br />

un uomo solo che tiene nelle proprie mani le redini del mondo e si considera investito d'un potere<br />

divino e d'ogni suo capriccio fa legge è più difficile da guadagnare e da serbar propizio che non il<br />

99 De Roberto, F., I Viceré, Torino:Einaudi Tascabili,1990,p.680 .<br />

100 Ibidem,p.684<br />

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