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I riflessi letterari dell'Unità d'Italia nella narrativa siciliana

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amici 79<br />

Quello che lo guidava sembra essere solo “cupidigia”, gli avversari crescevano e<br />

affermavano che in otto anni da deputato non era stato in grado di intervenire una sola volta alla<br />

Camera, che non sapeva né scrivere né parlare senza dire degli spropositi, ma<br />

certuni bene informati assicuravano che una volta, nei primi tempi del nuovo governo, egli aveva<br />

pronunziato una frase molto significativa. rivelatrice dell'ereditaria cupidigia viceregale, della<br />

rapacità degli antichi Uzeda: «Ora che l'Italia è fatta, dobbiamo fare gli affari nostri...» 80<br />

Grazie alla democrazia, al parlamentarismo il Duca diventa, quello che con i Borboni non<br />

poteva essere, in quanto bloccato dalle regole feudali, un grande feudatario, ma per poter continuare<br />

ad esercitare tanto potere ha però bisogno dei liberali, di Giulente zio, che grazie a lui diventa<br />

direttore della nuova banca del paese, e di suo nipote Benedetto Giulente. Questo è il magnifico<br />

paradosso Risorgimentale, la farsa finale,il Duca D'Oragua riceve<br />

Una sorta di investitura feudale, che i Mille gli conferiscono per mano del garibaldino Benedetto<br />

Giulente 81<br />

In Sicilia non erano mancati giovani patrioti, entusiasti ed inesperti, che abbracciarono con<br />

calore i miti garibaldini, che con loro presenza cementano il vecchio stato nel nuovo; nel romanzo i<br />

giovani patrioti vengono rappresentati da Benedetto Giulente, un ricco avvocato liberale, dalle<br />

aspirazioni aristocratiche, che ama e sposa Lucrezia Uzeda 82 , sorella del principe Giacomo e del<br />

Duca d’Oragua. E’ un ingenuo, è l’unico che non si disfa dei buoni sentimenti ed è l’unico che non<br />

si arricchisce, anzi nel romanzo ci viene mostrato il suo progressivo impoverimento economico.<br />

La vanità lo acceca, Giulente verrà a patti con la sua coscienza per non perdere il favore<br />

dei nobili Uzeda, che lo disprezzano, è il fascino della nobiltà che agisce su di lui e che ne brucerà<br />

le ali, lo renderà un perdente. Quando arrivarono i Mille Benedetto Giulente aveva indossato la<br />

camicia rossa,<br />

Nei primi giorni aveva aiutato lo zio Lorenzo e il duca a ordinare la rivoluzione, arringando il<br />

popolo, parlando nei circoli con una eloquenza che tutti ammiravano, scrivendo articoli nell'Italia<br />

risorta, fondata dallo zio per propugnare l'annessione al Piemonte; poi, nonostante l'opposizione<br />

del padre e della madre, s'era ingaggiato garibaldino, nel reggimento delle Guide, ed era partito pel<br />

continente. Arrivando in città, Lucrezia trovò una lettera del giovane, il quale le annunziava che<br />

andava a raggiungere Garibaldi per compiere il proprio dovere verso la patria e le raccomandava<br />

di non piangerlo se gli fosse toccata la grande sorte di morire per l'Italia 83<br />

79 Ibidem,p.440<br />

80 Snatura sarcasticamente dopo solo pochi anni la frase ottimistica di D’Azeglio “Fatta l’Italia,dobbiamo fare gli<br />

Italiani”.De Roberto, F.,I Vicerè ,Torino:Einaudi Tascabili,1990 p.459<br />

81 Trombatore.G.,Riflessi <strong>letterari</strong> del Risorgimento in Sicilia,Palermo:U. Manfredi editore ,1960, p. 36<br />

82 Lucrezia,con la follia tipica degli Uzeda, lo vorrà sposare contro la volontà di tutti,ma ben presto inizierà ad odiarlo<br />

per la sua incapacità a conquistarsi autonomamente una posizione e per la sua umile nascita, finché dopo lo scacco<br />

elettorale di lui, non ricomincia ad amarlo.<br />

83 De Roberto, F.,I Vicerè ,Torino:Einaudi Tascabili,1990 p.258<br />

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