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I riflessi letterari dell'Unità d'Italia nella narrativa siciliana

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Il romanzo è diviso in tre parti, che iniziano con un avvenimento privato mentre la<br />

conclusione riguarda un avvenimento pubblico di portata storica: l'elezione del duca d'Oragua al<br />

primo parlamento nazionale, la presa di Roma, le prime elezioni a suffragio allargato.<br />

La prima parte si apre, nel 1854, con la morte della principessa Teresa, vedova e<br />

ricchissima, perché aveva arrestato con la sua tenacia la decadenza economica della famiglia, che<br />

capricciosamente si comporta da borghese e nel suo testamento infrange la legge del maggiorascato,<br />

distribuendo i beni tra il primogenito Giacomo e il minore Raimondo, il suo prediletto, aprendo così<br />

le interminabili liti tra i suoi parenti. Molti anni dopo, e dopo aver vinto la guerra per riprendersi il<br />

patrimonio, suo figlio primogenito Giacomo ne seguirà l'esempio e dispoticamente diserederà il suo<br />

primogenito ribelle, Consalvo, e lascerà ogni proprietà alla figlia Teresa.<br />

Dei vari personaggi riuniti ci vengono poi offerte le biografie: De Roberto parte dai fratelli<br />

del marito della principessa Teresa, tra loro emergono donna Ferdinanda, don Blasco e Gaspare, il<br />

duca d’Oragua,.<br />

Donna Ferdinanda, rimasta zitella per volontà della madre, è una patita dei Borboni, che si<br />

trasformerà presto in una usuraia. Aveva la passione della “della vanità nobiliare”<br />

Quando ella parlava di «don Ramon de Uzeda y de Zuellos, que fue señor de Esterel», e venne di<br />

Spagna col Re Pietro d'Aragona a «fondarsi» in Sicilia; quando enumerava tutti i suoi antenati e<br />

discendenti «promossi ai sommi carichi del Regno»: don Jaime I «che servì al Re don Ferdinando,<br />

figlio dell'imperator don Alfonso, contra ai mori di Cordova nel campo di Calatrava»;<br />

Gagliardetto, «caballero de mucha qualitad»; Attardo, «cavaliero spiritoso, ed armigero»; il grande<br />

Consalvo «Vicario della Reina Bianca»; il grandissimo Lopez Ximenes «Viceré dell'invitto Carlo<br />

V»; allora i suoi occhietti lucevano più dei carlini di nuovo conio, le sue guance magre e scialbe<br />

s'accendevano. Indifferente a tutto fuorché ai suoi quattrini, incapace di commoversi per<br />

qualunque avvenimento o lieto o triste, ella s'appassionava unicamente alle memorie dei fasti degli<br />

antenati. 64<br />

Con gli anni era diventata sempre più ricca e più avida, era diventata una usuraia e, ai suoi<br />

debitori, chiedeva di pagare con le vecchie monete borboniche, ”colonnati e tarì” 65 e non con i<br />

nuovi biglietti, e se qualcuno non voleva pagare<br />

si faceva suggerire dal nipote avvocato il modo d'eludere la legge e d'obbligare la gente a pagare in<br />

argento sonante.. 66 .<br />

Lei, vecchia borbonica, imparò a servirsi di Benedetto Giulente, un avvocato liberale.<br />

Don Blasco, per essere nato cadetto, si era dovuto fare benedettino nel convento<br />

aristocratico di San Nicola, dove i padri sguazzano nell’abbondanza, e per questo li chiamavano i<br />

64 De Roberto, F., I Viceré,Torino:Einaudi Tascabili,1990,p.104<br />

65 moneta d’oro utilizzata prima dagli arabi,dai normanni,imitata poi dalla zecca borbonica.<br />

66 De Roberto ,F., I Viceré, Torino:Einaudi Tascabili, 1990,p.422<br />

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