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VeneziaMusicaedintorni 48 - RIVISTA COMPLETA - Euterpe Venezia

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si estende; dunque, offrire allo spettatore non l’azione tout<br />

court, ma le possibilità di azione che scaturiscono quando<br />

il corpo si immobilizza (come un frame quando si mette in<br />

pausa una videocassetta) e il caso e la mente seguono immaginarie<br />

sequenze filmiche in cui ciò che accade è carica erotica,<br />

desiderio, volontà di azione e mai mero accadimento.<br />

Ed è con tale attitudine che Gabriela Carrizo accoglie gli<br />

allievi del suo laboratorio. Ogni singolo partecipante è chiamato<br />

a ragionare autonomamente su un tema<br />

o su una condizione in cui il proprio corpo si<br />

trovi immerso, a spogliarsi del proprio essere<br />

attore o danzatore, ad abbandonare ogni forma<br />

di teatralità per scoprire un tempo intimo,<br />

coerente con il proprio spazio interiore.<br />

Questo spazio, creato dalla mente, deve allora<br />

mostrarsi attraverso il movimento corporeo.<br />

Improvvisazioni collettive su scene costruite<br />

al contrario, o su movimenti rallentati<br />

in atmosfere temporali astratte, sono stimoli<br />

attraverso i quali plasmare «un’immaginazione<br />

del corpo». Quell’universo in cui,<br />

attraverso il movimento, ogni singola interiorità<br />

diviene narrazione e ogni minuscola<br />

contrazione muscolare il disegno di un tempo<br />

nel quale lo sguardo precipita un po’ meravigliato<br />

ed un po’ inquieto, un po’ innamorato<br />

e un po’ solo.<br />

Il conclusivo Open Doors attraverso il quale<br />

la Carrizo mostra il suo laboratorio agli<br />

spettatori della Biennale appare allora come<br />

un momento di apertura su un tempo esistente<br />

solo nello spazio laboratoriale; un tempo fragile perché<br />

privo di fini (e di fine), perché privo di spettacolarità. Infine,<br />

un tempo in cui quel celebre bacio tratto da Le Salon e<br />

riproposto dagli allievi, sembra riattualizzarsi e recuperare<br />

vita, donando al marchio di fabbrica di questa compagnia<br />

una nuova intimità. ◼<br />

*artribune.com / teatroecritica.net<br />

Dai «barrios»<br />

di Buenos Aires<br />

alla Biennale di <strong>Venezia</strong>:<br />

il teatro di Claudio Tolcachir<br />

di Giada Russo*<br />

Negli ultimi anni, la vivacità del panorama<br />

artistico argentino ha cominciato a incuriosire i teatri<br />

europei, tanto che alcuni nomi come Bartís, Veronese,<br />

Spregelburd, Tolcachir sono ormai noti agli spettatori<br />

del vecchio continente.<br />

Questa crescente apertura testimonia un diffuso bisogno –<br />

nel mare magnum della «ipercontemporaneità» nostrana –<br />

di ritornare agli elementi fondanti del fare teatrale: i personaggi,<br />

le storie, i luoghi.<br />

Claudio Tolcachir, argentino di Buenos Aires, classe 1975,<br />

è una delle figure di spicco dell’ultima generazione di teatristas<br />

appartenenti al circuito indipendente della metropoli rioplatense.<br />

Un artista a tutto tondo che recita, scrive, dirige,<br />

insegna e coordina il proprio gruppo teatrale, Timbre 4, fon-<br />

Una sessione con Claudio Tolcachir<br />

alla Fondazione Cini (foto di Giada Russo).<br />

dato nel 1998 e divenuto un importante punto di riferimento<br />

della scena culturale della città.<br />

Proprio nel 2001, anno della crisi economica argentina, il<br />

giovane regista trova una casa per la sua compagnia, il Teatro-Escuela<br />

Timbre 5 che comprende due spazi – in Avenida<br />

Boedo 640 e in Avenida México 3554 – situati all’interno<br />

del medesimo stabile, nel quartiere operaio di Buenos Aires.<br />

Il teatro indipendente ha disegnato una nuova mappa te-<br />

atrale, parallela a quella ufficiale e commerciale di Corrientes,<br />

che si dipana tra sobborghi, strade di periferia, case chorizo,<br />

appartamenti, ex depositi: Timbre 4 è uno dei tanti spazi<br />

di questa città invisibile. Già dal nome, che riproduce il<br />

numero del campanello, dichiara la propria condizione indipendente<br />

e alternativa.<br />

Dai barrios della Buenos Aires off, Tolcachir ottiene la consacrazione<br />

del pubblico europeo al Festival d’Automne nel<br />

2010 con la pièce La omisión de la familia Coleman, primo<br />

quadro di una trilogia sulla famiglia e sulla società. Applaudito<br />

in più di venti Paesi, il giovane artista argentino arriva in<br />

Italia nel 2008 a Vie Festival Scena Contemporanea di Modena<br />

e, passando per il Piccolo di Milano e il Mercadante di<br />

Napoli, approda quest’anno alla Biennale di <strong>Venezia</strong> con un<br />

laboratorio rivolto a venticinque giovani attori.<br />

Per sei giorni, la Sala degli Arazzi della Fondazione Cini,<br />

sull’isola di San Giorgio, delimita uno spazio di libertà appartato,<br />

strappato a una calda e caotica <strong>Venezia</strong>.<br />

Nella fucina di Claudio Tolcachir la parola d’ordine è gioco:<br />

vanità e competizione restano fuori dalla porta, insieme<br />

con le scarpe dei partecipanti. E le regole del gioco sono<br />

non giudicarsi e non giudicare, coerentemente con il metodo<br />

del maestro, che non esprime sentenze né dispensa ricette<br />

di teatro.<br />

Nel tempo sospeso del laboratorio si impara a mettersi e<br />

togliersi maschere a comando e a fare persino la parodia di<br />

se stessi, pregi e difetti. La prima fase di lavoro si concentra<br />

sull’ascolto del proprio corpo, che conserva tutte le necessità<br />

dell’azione. Dalla mattina al pomeriggio si assiste a un cambiamento<br />

di rotta: il gioco puro lascia il passo all’esercizio del<br />

pensiero, che per Tolcachir deve essere un «pensiero visibile».<br />

Esiste sempre un surplus dietro le parole e i silenzi, e l’obiettivo<br />

dell’attore deve essere quello di mostrarlo attraverso<br />

uno sguardo o un gesto. Tolcachir si sofferma su uno dei fondamenti<br />

del lavoro dell’attore: la costruzione del personaggio.<br />

Gli allievi vengono invitati a vestire i panni di una per-<br />

le biennali 2012 — teatro<br />

focus on 11

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