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VeneziaMusicaedintorni 48 - RIVISTA COMPLETA - Euterpe Venezia

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52<br />

arte<br />

Giuseppe Capogrossi<br />

secondo<br />

Luca Massimo Barbero<br />

a cura di Ilaria Pellanda<br />

La Collezione Peggy Guggenheim si prepara<br />

a rendere omaggio a Giuseppe Capogrossi (1900-<br />

1972), uno dei protagonisti assoluti della scena artistica<br />

del secondo dopoguerra, il<br />

cui segno inconfondibile, così come il ge-<br />

sto di Lucio Fontana e la materia di Alberto<br />

Burri, ha lasciato una traccia indelebile<br />

nella storia dell’arte italiana del xx secolo.<br />

Sarà Luca Massimo Barbero, curatore associato<br />

della Collezione veneziana, ad avere<br />

preziosa cura di una mostra che porta avanti<br />

la linea d’indagine perseguita attraverso le recenti perso-<br />

nali dedicate ad Adolph Gottlieb, Lucio Fontana, William<br />

Baziotes, Jackson Pollock, Germaine Richier e Richard Pousette-Dart,<br />

e incentrata sull’emblematica generazione d’artisti<br />

internazionali il cui linguaggio pittorico nasce e matura<br />

negli anni del collezionismo di Peggy.<br />

Capogrossi. Una retrospettiva, realizzata in collaborazione<br />

con la Fondazione Archivio Capogrossi di Roma, intende<br />

ripercorrere l’iter artistico del maestro romano portando in<br />

scena oltre settanta opere: partendo dagli esordi figurativi<br />

degli anni trenta, contraddistinti da una pittura tonale densa<br />

di contenuti originali che si snoda durante il periodo della<br />

<strong>Venezia</strong><br />

Collezione Peggy Guggenheim<br />

dal 29 settembre 2012<br />

al 10 febbraio 2013<br />

Scuola Romana, si arriva, attraverso un breve momento cosiddetto<br />

neocubista, alla produzione astratta degli anni cinquanta<br />

e sessanta, con le grandi tele dominate dalla formasegno<br />

che, coniugandosi in infinite composizioni, giunge a<br />

costruire lo spazio del quadro, rappresentazione simbolica di<br />

una interiore organizzazione spaziale. Le opere di Capogrossi<br />

sono dominate da quell’innovativo «alfabeto» che ha reso<br />

celebre l’artista, e in esse si fa sempre più chiara l’importanza<br />

del segno che caratterizza in modo assolutamente personale<br />

la sua ricerca.<br />

Di tutto questo, e di molto altro ancora, ci parla Luca Massimo<br />

Barbero, che abbiamo incontrato in una torrida mattina<br />

di agosto.<br />

«In questa esposizione è innanzitutto<br />

ravvisabile una sorta di continuità con<br />

un certo tipo di “studio” che vado perseguendo<br />

da un po’ di tempo e che si concentra,<br />

nel mio lavoro con la Collezione Peggy<br />

Guggenheim, nella volontà di far scoprire<br />

al pubblico, non solo nazionale ma anche<br />

internazionale, i protagonisti del nostro<br />

dopoguerra, forse uno degli aspetti che maggiormente<br />

mi colpisce della storia dell’arte protocontemporanea. Do-<br />

po Fontana e insieme a Burri – anche se quest’ultimo non lo<br />

abbiamo ancora celebrato con una vera e propria antologica<br />

– Capogrossi è il terzo grande protagonista del dopoguerra<br />

italiano; e se Fontana è il gesto e Burri la materia, Capogrossi<br />

è sicuramente il segno. Si tratta di un autore con il quale<br />

tutti pensiamo d’avere grande confidenza, perché il suo sim-<br />

Alcune opere di Giuseppe Capogrossi.<br />

A sinistra, Superficie 210 (1957, olio su tela, 206.4 x 160 cm<br />

Solomon R. Guggenheim Museum, New York).<br />

A destra, Superficie 137 (1955, olio su tela, cm 195 x 160<br />

collezione privata, courtesy Galleria Tega, Milano).

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