VeneziaMusicaedintorni 48 - RIVISTA COMPLETA - Euterpe Venezia
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olo è così famoso da essere immediatamente riconoscibile.<br />
In realtà è un pensiero che si basa su fondamenta tutt’altro<br />
che solide: non sono state realizzate molte esposizioni dedicate<br />
a questo artista romano, e una monografia come quella<br />
che presenteremo in occasione dell’esposizione che si aprirà<br />
il 29 settembre – che, fra le altre cose, darà alla luce ben<br />
undici saggi – non viene stampata da trenta o quarant’anni.<br />
Una mostra anche di studio, dunque, che ben rappresenta<br />
una delle peculiarità delle esposizioni da me curate.<br />
Da dove provengono le opere? Ci saranno solo lavori su tela o<br />
anche su carta?<br />
La maggioranza delle opere scelte saranno su tela, ma ce ne<br />
sarà anche qualcuna su carta. Sarà esposta la grandiosa tela<br />
acquisita nel 1958 dalla Fondazione Solomon R. Guggenheim<br />
di New York, Superficie 210 (1957), avremo quadri che<br />
vennero presentati durante le Biennali di <strong>Venezia</strong> e ci sarà un<br />
lavoro del ’33 che non torna in Italia da quella data e che arriverà<br />
dal Centre Pompidou di Parigi; poi ancora dipinti da<br />
Roma, da Rovereto e da quasi tutti i musei italiani più importanti.<br />
La mostra ha una peculiarità che sorprenderà molto,<br />
in quanto prenderà il via da alcune opere figurative degli<br />
anni trenta: spesso dimentichiamo che, in quel periodo, Capogrossi<br />
fu uno dei fondatori – con Corrado Cagli, EmanueleCavalli<br />
e pochi altri<br />
– della Scuola<br />
Romana,<br />
e proprio per<br />
questo le prime<br />
stanze sarannodedicate<br />
alla ricerca<br />
svolta su<br />
tela in quegli<br />
anni. Vi sarà<br />
poi una sezione<br />
ancora più<br />
sorprendente<br />
dal punto di<br />
vista filologico,<br />
quella che<br />
narrerà il passaggio,<br />
fra il<br />
1946-’47 e il<br />
’50, dal figurativo<br />
al cosiddetto<br />
non<br />
figurativo. La<br />
mostra, che esporrà anche il grande arazzo che il maestro eseguì<br />
per il transatlantico Michelangelo (si trovava nella parete<br />
di prua del soggiorno di quello che fu l’ultimo transatlantico<br />
costruito per la Società Italiana. La nave rimase in servizio<br />
per soli dieci anni, dal 1965 al 1975, prima di essere posta in<br />
disarmo per via delle ormai insostenibili perdite economiche<br />
del servizio passeggeri, ndr), sarà suggellata da un video inedito<br />
– realizzato con Zenit e della durata di quindici minuti<br />
– che racconterà la storia del famoso segno di Capogrossi, di<br />
questo «elemento», come lui lo chiamava.<br />
In molti lo chiamano «la forchetta»…<br />
In realtà Capogrossi ha sempre sostenuto che non significasse<br />
quasi nulla e soffriva molto dell’oggettivazione di un<br />
A sinistra, Il Temporale (1933, olio su tela, 108 x 90 cm<br />
Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna).<br />
A destra, Sole di Mezzanotte (1952, olio e tempera su tela , 98,5 x<br />
66 cm Collezione Maramotti, Reggio Emilia);<br />
(tutte le immagini: © Giuseppe Capogrossi, by SIAE 2012).<br />
elemento che lui considerava invece come qualcosa di sospeso,<br />
astratto e quasi metafisico. A mio parere si tratta di un elemento<br />
dotato di una forza originale e straordinaria che, in<br />
un qualche modo, nelle composizioni di Capogrossi va a determinare<br />
lo spazio: un elemento quindi tutt’altro che grafico<br />
e decorativo ma, piuttosto, strutturale, dalla forza quasi<br />
morale. Capogrossi parlava addirittura del bisogno di realizzare,<br />
in un momento come quello del passaggio immediato<br />
dal secondo dopoguerra, qualcosa che fosse in grado di rimuovere<br />
l’idea di semplice realismo.<br />
Che dialogo viene a instaurarsi tra le opere in mostra?<br />
L’allestimento è molto semplice e avrà una parte iniziale<br />
che dagli anni trenta arriverà alla metà dei quaranta: si tratta<br />
di una sezione di galleggiamento, una zona particolarmente<br />
scura dove i quadri verranno illuminati in una sorta di sospensione<br />
buia del tempo. Poi esploderà il caso-Capogrossi<br />
legato all’astrazione e tutto diverrà chiaro, bianco, contemporaneo,<br />
salvo ogni tanto incontrare delle pareti blu, quel-<br />
lo stesso colore che nel ’54 la Biennale utilizzò per presentare<br />
le nuove opere nella prima sala che Capogrossi ebbe per i<br />
suoi lavori astratti. La volontà è quella di provare a capire come<br />
l’artista già nel figurativo cercasse di lavorare a uno spazio<br />
molto ricco e però quasi bidimensionale, a un’idea di prospettiva<br />
diversa che non tralasciava un certo tipo di rapporto<br />
con la geometria. Verrà poi raccontato il viaggio a Vienna<br />
degli anni quaranta, lo studio delle finestre, che in realtà sono<br />
delle persiane e che narreranno delle cose molto curiose.<br />
Insomma, abbiamo costruito un filo rosso che permetterà di<br />
scorgere in che modo quest’uomo leggesse la natura, la realtà.<br />
Come dicevo, è da tantissimi anni che non si rivede «fisicamente»<br />
Capogrossi, un pittore molto raro e tuttavia forse<br />
il più noto all’estero, fra gli italiani, negli anni cinquanta<br />
e sessanta. Essere riusciti a radunare così tante opere rende<br />
quest’occasione davvero unica. ◼<br />
arte 53